VENEZIA – “La cosa più interessante nella figura di Eleanor Marx – dice Susanna Nicchiarelli – è il conflitto tra ragione e sentimento. Da una parte la forza delle convinzioni e del pensiero, dall’altra la fragilità della sfera emotiva, soprattutto in amore. Le sue convinzioni si sbriciolano davanti al sentimento, ma non perché sia una donna, credo che questa vicenda riguardi anche tanti uomini”.
Secondo italiano in concorso, Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, in uscita il 17 settembre con 01, è un ritratto pieno di energia e spirito contemporaneo della figlia più piccola di Karl Marx, Eleanor (1855-1898). Della sua intelligenza, delle lotte che conduce per i diritti dei lavoratori e la parità delle donne, contro lo sfruttamento dei minori nelle fabbriche, del suo amore per la letteratura e per il teatro, con le traduzioni di Ibsen e Flaubert. Ma anche della sua tragica vicenda sentimentale, del legame con Edward Aveling, socialista come lei, sposato, dissipatore di denaro, donnaiolo impenitente. Un legame libero e anticonformista che sfocia nel suicidio di lei all’età di 43 anni. E tra i riferimenti dichiarati anche Adele H. di Truffaut.
Protagonisti del film, prodotto da Vivo Film e Rai Cinema con coproduttori belgi, girato a Cinecittà e in Piemonte con il sostegno della Torino Piemonte Film Commission (lì sono stati ricostruiti l’America e la Londra del XIX secolo), sono una straordinaria Romola Garai e Patrick Kennedy. Per l’attrice, che si candida alla Coppa Volpi, era “importante capire come una persona così ottimista e positiva, abbia deciso che non c’era più posto per lei nel mondo. Ma non era depressa e i suoi cari si rifiutavano di credere che si fosse tolta la vita. Forse è stata una decisione momentanea, il frutto di una brutta giornata”. Mentre Kennedy che incarna tutta l’ambiguità di Aveling – basti pensare che dopo la morte della prima moglie, sposò, di nascosto da Eleanor, una giovane attrice – parla del suo personaggio come di “un uomo diviso in due, morbosamente ligio rispetto alle sue convinzioni di ateo e socialista, ma del tutto senza scrupoli con le donne e il denaro altrui. Alcuni dicevano che era freddo come una lucertola, altri erano impressionati dalla sua capacità di recitare e dalla sua retorica vittoriana”.
Susanna Nicchiarelli, come è arrivata a scoprire la figura di Eleanor Marx?
Ho letto tanto sulla famiglia Marx. Avevano avuto vari figli ma solo le quattro femmine sono sopravvissute mentre i maschi sono morti da bambini. Karl riversò tutto il suo amore sulla minore, la piccola di casa. Era la preferita del papà, si dice che lui scrisse Il Capitale mentre la figlia giocava tra le sue gambe sotto il tavolo. All’epoca le ragazze non potevano accedere alle stesse scuole dei maschi, ma le sorelle Marx furono educate in casa.
Era una donna straordinaria.
Una grande comunicatrice, migliore di Karl nel divulgare le idee socialiste. Tradusse un romanzo trasgressivo come Madame Bovary in inglese, realizzò degli adattamenti di Ibsen, tra cui Casa di bambola. Credeva nel potere della letteratura e dell’arte. Mi ha colpito che abbia scelto l’uomo sbagliato e che fino alla fine sia rimasta con lui. Una che era riuscita a usare il socialismo per articolare un discorso sull’uguaglianza tra i sessi e contro lo sfruttamento nella famiglia.
C’è qualche punto di contatto con altri personaggi che lei ha raccontato, Nico soprattutto.
Quando decidi di fare un film non pensi a metterlo in relazione con gli altri tuoi lavori. Te ne accorgi dopo. Questo film ha tante cose anche di Cosmonauta, il mio primo film. Si vede che il mio percorso ha un senso, che coltivo delle ossessioni.
Come affronta il concorso di Venezia?
Sono angosciatissima, gli altri film mi sembrano tutti bellissimi e migliori del mio.
Le fa effetto essere una delle otto donne in competizione?
Sogno il giorno in cui non sarà più interessante parlare di queste cose. Vorrei che il film fosse giudicato per quello che è. Anche perché siamo tutti diversi, ogni autore – uomo o donna – è un individuo. Adesso c’è ancora bisogno di sottolineare questo aspetto, ma spero che presto finirà.
Tornando al film, ha una grande modernità che lei enfatizza con lo stile, il montaggio, l’uso delle musiche.
Ho lavorato sulle lettere di Eleanor, di suo padre, delle sorelle. Ho letto i suoi quaderni, anche quelli di quando era bambina, ho guardato i suoi disegni, ho scoperto il loro lato umano, i giochi di società che facevano. Sono parole che sembrano scritte oggi, i loro sogni, le paure, le aspirazioni sono molto vicine a noi. Io ho sempre fatto solo film in costume, ma una volta che sei entrato in un mondo diverso, puoi dimenticare che appartenga al passato.
Come ha sviluppato la parte politica, in cui vediamo immagini molto forti e scioccanti della miseria e delle condizioni di vita ai limiti della sopravvivenza della classe operaia?
Mi hanno aiutato tantissimo gli scritti di Eleanor, ad esempio il suo pamphlet sulle condizioni della classe operaia negli Stati Uniti dove andò insieme ad Aveling per un giro di conferenze. C’è anche un aspetto emotivo molto forte, la scena della donna che sta morendo di stenti nello scantinato viene da una lettera a sua sorella. Era una donna molto empatica, viveva la sofferenza altrui pienamente.
Ci sono anche riferimenti all’oggi, perché le battaglie per la parità e per i diritti dei lavoratori sono costantemente rimesse in discussione.
Certo, il riferimento all’oggi è continuo. Le battaglie di Eleanor per i diritti dei più deboli contro la ferocia della rivoluzione industriale ci riguardano tutti: lei si batte per i più fragili, non solo le donne, ma anche i bambini. E questi sono temi che non invecchiano mai. È sempre necessario ribadirli. Il lavoro minorile è ancora una realtà in molte parti del mondo.
Come ha lavorato con le musiche che creano un corto circuito temporale molto intenso?
Io scelgo le musiche fin dalla fase di scrittura e le porto anche sul set facendole ascoltare agli attori. Ci sono brani di una band americana di giovanissimi, i Downtown Boys, che hanno tra i loro album uno che si intitola Full Communism. Sono punk estremi che hanno fatto la cover di Springsteen e una nuova versione dell’Internazionale in francese. Poi c’è la band con cui lavoro sempre, I Gatto Ciliegia contro il Grande Freddo, loro sono post rock elettronici. La musica porta la storia fuori del tempo e sottolinea la trasgressività di Eleanor.
Come legge il suo suicidio? Un gesto di forza che rimanda alla tradizione stoica e alla filosofia classica oppure una resa?
Non credo che la sua sia una sconfitta. Insieme a Romola l’abbiamo resa vincente, perché, nonostante il finale, la forza delle sue convinzioni rimane più che mai. Credo che quel finale sia una liberazione e non un atto di fuga. Mi viene in mente Thelma & Louise, perché anche quello è un suicidio che contiene energia, la voglia di andare avanti, di non fermarsi. Non c’è mai vittimismo.
Tornerà a raccontare personaggi italiani?
Scelgo in base alle storie e alla conoscenza che mi portano. Considero Miss Marx un film europeo, come Nico 1988.
Le fa piacere far parte della ripartenza del cinema nelle sale dopo il lockdown?
Il cinema è la mia vita e credo nel trovarsi tutti insieme per vedere un film. Vale anche per la scuola. Ho due bambini e ho sofferto tanto la chiusura delle scuole, credo che dobbiamo tornare a condividere, perché quella che è la cosa più bella che fa l’essere umano. La nostra libertà si esprime così. A Venezia stiamo dimostrando che si può fare tutto in sicurezza e ponendo attenzione ai nostri comportamenti.
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