Suffragette, martiri della parità

Al Torino Film Festival il film di Sarah Gavron sulla dura lotta per ottenere il diritto di voto condotta in Gran Bretagna: "Una battaglia ancora attuale, la parità non è stata raggiunta"


TORINO – A distanza di un secolo sembra incredibile che le donne abbiano dovuto sacrificare tutto – lavoro, famiglia, affetti, libertà e in qualche caso la vita – per affermare il diritto al voto in un paese come la Gran Bretagna. Eppure questa storia, finora mai raccontata dal cinema, è vera e, secondo la regista Sarah Gavron, ospite del Torino FF insieme alla sceneggiatrice Abi Morgan, è anche molto attuale. Suffragette, film d’apertura di questo 33° festival, ce la ricorda attraverso un personaggio d’invenzione, la lavandaia Maud, intepretata da Carey Mulligan. Una giovane proletaria, madre di un bambino, che viene a contatto per caso con il movimento guidato da Emmeline Pankhurst (Meryl Streep). Chiamata a testimoniare della sua condizione davanti alla Camera dei Comuni – una delle tesi del movimento legava il diritto al voto alla presenza femminile nel tessuto produttivo della nazione, seppure con salari più bassi e in condizioni di lavoro peggiori – Maud si trova sempre più coinvolta nella battaglia. E quando viene incarcerata e il marito le toglie il figlio, sceglie di partecipare a una serie di azioni violente per sensibilizzare l’opinione pubblica: perde il lavoro, finisce di nuovo in carcere, fa lo sciopero della fame, viene costretta all’alimentazione forzata… insomma, sembra di essere tra i ribelli irlandesi dell’IRA in una lotta senza quartiere. Tra le sue compagne c’è anche la borghese Edith (Helena Bonham Carter) proprietaria di una farmacia che è diventata la base segreta di questa “carboneria” al femminile: dotata di leader, codici (verde, bianco e lillà erano i colori della loro bandiera perché Green White e Violet è l’acronimo di Give Women the Vote) e di martiri, come Emily Wilding Davidson che si gettò sotto il cavallo di Re Giorgio V durante il derby di Epsom nel giugno del 1913 e la cui morte fu decisiva per arrivare alla riforma della legge elettorale. Qualche dato storico: la Nuova Zelanda fu il primo paese a introdurre il suffragio femminile nel 1893, il Regno Unito arrivò nel 1918 (per le donne maggiori di 30 anni), come molti altri paesi europei, sull’onda delle trasformazioni del costume segnate dalla prima guerra mondiale, l’Italia nel 1946. Ancora non esiste in Arabia Saudita e nello Stato Vaticano.

E’ chiaro che Suffragette, che in Italia uscirà con la BIM, è un film militante, scritto e realizzato da un team femminile molto forte. Ad esempio la sceneggiatrice, Abi Morgan, autrice di film come The Iron Lady di Phyllida Lloyd e Shame di Steve McQueen. Che spiega la scelta di mettere al centro un personaggio semplice, una donna qualsiasi. “Avendo scritto un biopic come quello su Margaret Thatcher avrei potuto ripetere quella formula, scegliere una vita significativa, magari quella di Emmeline Pankhurst, e metterla nel suo contesto storico. Invece ci siamo concentrate su 16 mesi cruciali, quando le donne, dopo quarant’anni di manifestazioni pacifiche imboccano la strada della lotta dura: Maud riassume il passaggio dalla posizione di spettatrice a quella di attivista. Mette a repentaglio la famiglia, il lavoro e la casa per ottenere la parità”. Interviene la regista, che esordì con Brick Lane, storia al femminile ambientata nella Londra dell’emigrazione islamica. “Abbiamo voluto raccontare una donna normale, che appartiene alla working class, per creare un legame con la situazione delle donne di oggi. Avremmo potuto concentrarci su figure privilegiate o addirittura su un’unica figura come Emmeline Pankhurst, ma volevamo parlare anche di disparità di trattamento salariale, di violenza sessuale, della custodia dei figli negata: temi che sono all’ordine del giorno in tanti paesi del mondo”. E’ ancora Abi Morgan a spiegare: “Nella nostra era digitale siamo in grado di conoscere tante storie di diseguaglianza in tutto il mondo, dagli stupri di gruppo in India, al rapimento di Boko Haram, al traffico delle schiave”. E rivendica il rigore della narrazione, che non si sofferma più di tanto sul dramma personale di Maud, strappata dal figlio che viene addirittura dato in adozione a un’altra famiglia: “Non volevo essere sentimentale e ho dovuto mettere a tacere la mia vena hollywoodiana. Ci è sembrato più incisivo concludere il film dando la notizia che l’Arabia Saudita nel 2015 ha concesso alle donne di votare alle elezioni municipali ma solo se accompagnate ai seggi da un uomo, marito o padre, e dunque ancora una volta sotto tutela”.

Per Sarah Gavron Suffragette serve anche a contrastare l’astensionismo femminile, a motivare le giovani donne ad andare a votare, “ho sentito molte ragazze dire, dopo aver visto il film, ora capisco quanto è stato difficile, d’ora in avanti non rinuncerò mai più al voto”. La troupe al femminile – le produttrici sono Faye Ward e Alison Owen, le stesse di Brick Lane è stata ammessa per la prima volta alla Camera dei Comuni londinese a Westminster: “Abbiamo insistito molto, li abbiamo sfiniti, per poter girare in quel luogo simbolico, un gesto che volevamo compiere in nome dei 62 milioni di donne che non hanno accesso all’istruzione ma anche di tutte quelle che sono escluse dalle cariche pubbliche e dai posti di potere”. Già perché la sfida dell’Occidente democratico è oggi quella della rappresentanza attiva. “Oggi – dice ancora Morgan – vale la legge del 17%, la percentuale femminile nei cda, nei parlamenti, nelle cariche accademiche, ai vertici della pubblica amministrazione, nelle professioni forensi degli Stati Uniti. Per superare questa percentuale e arrivare alla piena parità, occorre una discriminazione positiva: le donne devono apparire per essere”. Favorevole alle cosiddette quote rosa anche Sarah Gavron: “Ci vuole complicità fra donne, insieme possiamo arrivare alla piena eguaglianza, mentre ancora oggi, in ogni settore della vita pubblica, siamo in minoranza, anche al cinema”. Come dice un oppositore del voto alle donne nel film: “Oggi vogliono il voto, domani vorranno fare i giudici e i deputati…”.

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21 Novembre 2015

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