ROMA – Una giovane nuotatrice di grande talento, un padre assente ma amorevole, un affetto che rinasce nelle difficoltà. Presentato alla Festa del Cinema di Roma 2024, nella sezione Grand Public, Supereroi è il nuovo film di Stefano Chiantini. Un dramma delicato incentrato sul rapporto padre-figlia che ha come protagonisti Edoardo Pesce, Sara Silvestro e Barbara Chichiarelli.
Jenny è una promessa del nuoto, suo padre Alvaro è un camionista e suo primo tifoso, nonostante lei non gli abbia mai perdonato di essersene andato, lasciandola sola con la madre. Quando un ictus improvviso lo colpisce lasciandolo incapace di badare a se stesso, il loro rapporto cambierà, mettendo a rischio la carriera sportiva della ragazza, che farà di tutto per prendersi cura del papà che ha sempre amato.
Stefano Chiantini, è il terzo film consecutivo con una protagonista femminile, questa volta per di più molto giovane. Che sfida è stata raccontare la sua storia?
L’animo femminile è un animo che mi affascina e mi coinvolge sempre di più. Lo trovo anche più delicato nel racconto. In questo caso mi incuriosiva raccontare un’età che non conosco direttamente, lontana da me che però si porta dietro duemila complessità. Avendo una figlia che sta entrando nell’adolescenza, mi inizia a fare tante domande. Non vorrei avere un ictus, ma una figlia che mi sappia amare così.
Il titolo è una scelta coraggiosa. Una sorta dichiarazione d’intenti tematica.
È stato molto dibattuto, perché esiste già un film e tante altre cose con lo stesso titolo. Però è tematica perché mi piaceva raccontare l’idea che al giorno di oggi i supereroi sono le persone che riescono a vivere le difficoltà quotidiane con estrema dignità.
Perché la scelta di ambientare parte del film nel mondo del nuoto? Cosa simboleggia l’acqua in questo film?
L’acqua è un elemento che sento molto forte. Appartiene alla mia emotività. Nella fattispecie è un elemento che protegge ma che ti porta anche in un’altra dimensione, ovattata, che ti dà la possibilità di rinascere di vedere la luce. Quando invece lei sta bene nuota con leggerezza, quindi secondo me era rappresentativo delle emozioni e degli stati d’animo. Poi è qualcosa che li unisce, è uno stato emotivo.
Cosa cercava negli attori? Come vi siete mossi per il casting?
La scelta di Edoardo era scontata, perché penso che sia bravissimo. Barbara l’ho scelta dopo aver scritto il film, mi piaceva l’idea di lavorare con lei e mi ha aiutato anche nella riscrittura del personaggio. Io mi affido molto agli attori, che mi aiutano anche a definire la storia. È stato tutto molto istintivo e molto bello. Per quanto riguarda Sara, abbiamo fatto un provino insieme a Laura Muccino. Sara ci ha subito colpito. A me non piacciono i provini, però lei aveva una sfrontatezza, un’emotività molto forte, e poi era anche una nuotatrice, è stata campionessa regionale. Ed era un elemento importante.
Quindi non c’era una controfigura per le scene di nuoto?
Era proprio lei, poverina. Ciak dopo ciak, sfinita. Anche se era una nuotatrice, se in un giorno fai tre scene in acqua e ogni scena sono 50 ciak, a un certo punto non ce la faceva più.
Ci racconta la scelta registica di queste pause, di questi silenzi, di concentrarsi più sull’espressione degli attori che sui dialoghi?
Secondo me, attraverso i volti, che diventano come paesaggi, le emozioni prendono forma con maggior forza. Questi silenzi, questi piccoli zoom ad avvicinarsi, ad entrare nelle emozioni, per me erano fondamentali per avere quello che a volte con le parole può essere banalizzato. Quando devi raccontare delle cose così piccoli, ma così grandi, spesso con il dialogo rischi di cadere nel didascalico. C’è poi chi è bravissimo a scrivere i dialoghi, ma io non lo sono. Quindi la scappatoia del silenzio è un modo che ho di vivere le cose e di raccontarle.
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