“Antonio Capuano per me è un idolo. Mi ha insegnato a scrivere per il cinema trasmettendomi entusiasmo e gioia per questo lavoro. E dalla mia Napoli ho rubato l’ironia”. Paolo Sorrentino non poteva mancare per l’omaggio all’ottantenne regista partenopeo organizzato dalla 25ma edizione di Capri, Hollywood – The International Film Festival che, in versione on line, ha riunito il premio Oscar e il suo ‘maestro’. Fu proprio Capuano (autore di Vito e gli altri, Luna rossa, La guerra di Mario) a far debuttare quel ragazzo timido e appassionato come sceneggiatore in Polvere di Napoli, nel 1998. ”Antonio mi spedì dal produttore Gianni Minervini consigliandomi : vai e fai una contrattazione durissima. Minervini disse: sono 7 milioni. E io risposi, va bene, arrivederci. Fine della contrattazione. Avrei detto sì anche per settemila lire!” racconta Sorrentino collegato dalla sua casa di Roma per una lunghissima affettuosa chiacchierata che è stata l’occasione per un ricordo del suo esordio, quando l’amico e produttore storico Nicola Giuliano, lo presentò a Capuano. Ma anche per tornare sul suo rapporto con Napoli, lasciata 15 anni anni fa (‘Ora mi sento un infiltrato’) e che sarà protagonista del prossimo film E’ stata la mano di Dio per Netflix.
“Io e Capuano amiamo Maradona allo stesso modo”, scherza Sorrentino con il produttore del festival Pascal Vicedomini. ”Crescere a Napoli è stata una palestra importante. Quello che ho ereditato, che ho potuto rubare e mettere a frutto nel lavoro è l’ironia, se dovessi scegliere una parola per una città, che è naturalmente anche molto altro, sarebbe proprio ‘ironia’. La incontri sistematicamente in chiunque. A Napoli prima ancora che sentirsi attori le persone si sentono comici. Questo è un male perché quando sei di cattivo umore può far sembrare il mondo distante, ma è un bene perché ti mette in una relazione sana e continuamente sdrammatizzante con la vita”.
”Paolo è un uomo dolcissimo, anche se non ve ne accorgete – dice Capuano – Ho dei ricordi molto teneri delle sue visite sul set di Polvere di Napoli: se ne stava in disparte e mi diceva, Antò posso guardare l’immagine?” ”Se dovessi scegliere un suo film? – risponde ‘l’allievo’ – Su tutti Pianese Nunzio. L’ultimo Il buco in testa lo vedrò oggi al computer, ma come se fossi al cinema”. Si parla di cinema e soprattutto di scrittura: “I migliori in Italia sono stati proprio Capuano e Tinto Brass, detesto le sceneggiature che non hanno un valore romanzesco in sé, la sceneggiatura deve essere pubblicabile come romanzo altrimenti diventa uno strumento gelido”.
Sorrentino parla anche suo rapporto con il lavoro delle serie televisive, che il suo ‘maestro’, purista della sala, confessa di non aver ancora visto. ”La televisione mi ha dato la possibilità di lavorare in libertà su dei racconti lunghi, cosa impossibile oggi al cinema. Quando mi sono deciso, ho pensato che l’approccio nel vedere una serie fosse più vicino a quella della lettura di un romanzo. Diciamo che la serie ha la sua dignità se il fruitore la concepisce come un romanzo. E’ un ibrido tra la televisione e la letteratura. Anche i romanzi non li leggiamo mica tutti d’un fiato”. La fine del dialogo è un invito che Sorrentino e Capuano però condividono ”al cinema non dovrebbero mai mancare allegria e rigore”.
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