Dopo 15 anni Paolo Sorrentino torna alla Mostra di Venezia dove aveva esordito con L’uomo in più e questa volta debutta con la serie tv di 10 episodi (2 presentati al Lido in anteprima mondiale come evento speciale Fuori Concorso) The Young Pope, prodotta da Sky, HBO, CANAL+ (produttori esecutivi Wildside con Haut et Court TV e MEDIAPRO), che andrà in onda in prima tv su Sky Atlantic: in Italia dal 21 ottobre; nel Regno Unito, Germania, Irlanda e Austria da fine ottobre e sempre in questa data in Francia su CANAL+.
Lo sguardo di Sorrentino è sempre visionario, grottesco e ironico, soprattutto quando si tratta di potere, qui religioso, ne Il Divo quello politico. Lenny Belardo, alias Pio XIII, è appena stato eletto e subito deve misurarsi con la prima omelia dal secolare balcone che s’affaccia su piazza san Pietro, con le parole e le esortazioni da rivolgere ai fedeli e soprattutto con le trame del Vaticano, nel momento in cui procede a scegliere, tra le gerarchie, chi lo affiancherà.
Il suo temibile avversario da subito è il cardinale e segretario di Stato Voiello (Silvio Orlando), tifoso del Napoli calcio. Sua alleata e confidente suor Mary (Diane Keaton) che l’ha allevato da quando Lenny è stato abbandonato dai genitori hippy e che ora è diventata sua assistente. E’ un Pontefice, per la prima volta americano, giovane e affascinante, che fuma e beve Coca-Cola Cherry zero, con le infradito mentre si avvia alla doccia.
Ha scelto di chiamarsi Pio XIII, richiamandosi a un Papa conservatore quale Pio XII, e di rimanere nell’oscurità quando tiene la prima omelia: “Non c’è posto per il libero arbitrio”, “Non so se mi meritate” griderà alla folla adorante. Si presenta come un uomo intransigente, vendicativo, solo e tormentato perché porta dentro di sé il trauma dell’abbandono. Scaltro e ingenuo, ironico e pedante, antico e modernissimo, dubbioso e risoluto, addolorato e spietato, Pio XIII prova ad attraversare il lunghissimo fiume della solitudine dell’uomo per trovare un Dio da regalare agli uomini. E a se stesso.
Sorrentino non si preoccupa delle reazioni del Vaticano. “E’ un problema loro. Quello che considero un lungo film di 10 ore indaga con curiosità e onestà, senza sterili provocazioni, pregiudizio o intolleranza le contraddizioni, le difficoltà, le cose affascinanti del clero, delle suore e di un prete che è un po’ diverso dagli altri, il Papa”.
Il suo Papa Pio XIII è diametralmente opposto a Papa Francesco, “ma potrebbe accadere, è nell’ordine delle cose che dopo un Papa più liberale ne venga un altro di segno opposto – afferma Sorrentino – E’ illusorio pensare che la Chiesa abbia iniziato un lungo cammino verso la liberalità e il mio Pontefice in un futuro non molto lontano potrebbe essere verosimile”.
La scrittura di una serie tv non è stata una passeggiata, ammette il regista premio Oscar, per fortuna alla sceneggiatura hanno collaborato Rulli, Grisoni e Contarello. “Semmai è stata eccitante. Quando lavori su una dilatazione temporale così ampia puoi approfondire i personaggi e concederti digressioni, impossibili al cinema, e ho badato di più alla tenuta narrativa”.
Quanto all’accento comico spesso presente nel racconto, il regista ricorda che c’è stato un lavoro di documentazione iniziale sul mondo del Vaticano da cui è emerso, per esempio, che il tasso di comicità tra i cardinali, nelle loro relazioni, è molto alto, amano tanto ridere”.
Il protagonista Jude Law ci mostra le contraddizioni e le preoccupazioni di un uomo, che si trova all’improvviso a capo della Chiesa cattolica: “Il mio personaggio vive il dilemma tra il ruolo pubblico che rappresenta e quello che si è nel privato. Lenny Belardo, che acquisisce nel tempo una strategia per tenere lontani tutti, è una persona onesta anche se contraddittoria, tanto da dire l’esatto opposto di quanto affermato appena qualche minuto prima”.
Nel cast oltre a Scott Shepherd, Cécile de France, Javier Cámara, Ludivine Sagnier, Toni Bertorelli e James Cromwell, troviamo Silvio Orlando che per il suo cardinale dice di non essersi ispirato ad alcun personaggio della realtà. “Il male è distribuito in maniera uguale in tutti noi e mi sono perciò ispirato alla mia parte di male interiore, pur non avendo un super attico e non avendo rubato ai bambini dell’ospedale del Bambin Gesù”.
E come la mettiamo con quell’Higuaín, con maglia del Napoli, citato dal suo Cardinal Voiello, ora che è passato alla Juventus. “La Chiesa si occupa con una certa frequenza di fede e tradimento, e quindi mantenere nella serie tv Higuaín con i colori del Napoli aiuta a ricordare questi due concetti”, chiosa Sorrentino.
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Il film di Denis Villeneuve segnalato dalla giuria di critici e giornalisti come il migliore per l'uso degli effetti speciali. Una menzione è andata a Voyage of Time di Terrence Malick per l'uso del digitale originale e privo di referenti
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Anche se l’Italia è rimasta a bocca asciutta in termini di premi ‘grossi’, portiamo a casa con soddisfazione il premio Orizzonti a Liberami di Federica Di Giacomo, curiosa indagine antropologica sugli esorcismi nel Sud Italia. Qualcuno ha chiesto al presidente Guédiguian se per caso il fatto di non conoscere l’italiano e non aver colto tutte le sfumature grottesche del film possa aver influenzato il giudizio finale: “Ma io lo parlo l’italiano – risponde il Presidente, in italiano, e poi continua, nella sua lingua – il film è un’allegoria di quello che succede nella nostra società". Mentre su Lav Diaz dice Sam Mendes: "non abbiamo pensato alla distribuzione, solo al film. Speriamo che premiarlo contribuisca a incoraggiare il pubblico"