Sinergie e creatività per il futuro del Documentario

Si tiene al MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo l’incontro “Nuove risorse e opportunità per i documentari”. Tra gli interlocutori c’è anche Enrico Bufalini, Enrico Bufalini, direttore dell’Archivio storico, Film e Documentari di Cinecittà


Si tiene al MIA – Mercato Internazionale dell’Audiovisivo l’incontro “Nuove risorse e opportunità per i documentari: il ruolo del tax credit e le sfide delle produzioni nel mercato italiano e in quello internazionale”.

Relatori Fabio Abagnato, direttore della Emilia Romagna Film Commission, Enrico Bufalini, direttore dell’Archivio storico, Film e Documentari di Cinecittà, Gabriele Genuino, a capo della sezione documentari di Rai Cinema, Gloria Giorgianni, CEO e produttore  Anele, Cosetta Lagani, fondatrice di Salice Production, Roberto Pisoni, senior director di Sky Entertainment, Fabrizio Zappi, direttore di Rai Documentari.

Modera Andrea Biondi, vice capo servizio de ‘Il sole 24 ore’.

Parte Giorgianni mostrando alcune slide tratte dal sesto rapporto sulla produzione APA: “arretra l’offerta di documentario per i servizi di media audiovisivi. Si abbassa il numero di ore di programmazione, con una fetta importante rappresentata da Rai, con decremento minore che su altre piattaforme, come Sky ma soprattutto Netflix e Discovery. Negli ultimi anni il doc è diventato un genere frequentato anche dalle grandi società di produzione. Cala la produzione esterna, che perde circa il 10%. Noi pensiamo di fare un bel lavoro in termini di ideazione, realizzazione e produzione, quindi sarà un tema rilevante. Tra gli argomenti del docu prevalgono intrattenimento e attualità. Aumentano i rinnovi di progetti già trattati, ci sono meno soggetti produttivi e più frammentazione. Naturalmente il senso è stare sempre su un mercato e come allinearsi”.

Prosegue Zappi: “Abbiamo cambiato la produzione di documentari per le reti generaliste. E’ sempre premiante la messa in onda, e in quel caso non viene previsto lo sfruttamento cinematografico, così come per l’iscrizione ai festival. Un documentario iscritto per errore era stato iscritto alla Festa del Cinema, lo abbiamo mandato in onda e non va al festival. I miei titoli sono tutti per la televisione. Sono cresciute le collocazioni di palinsesto, così come il budget, cresciuto di due volte e mezzo. La programmazione si è più che raddoppiata. Parliamo di circa 95 ore di programmazione, certamente accresciute rispetto agli scorsi anni. Credo di poter dire che Rai sia comunque il promo polo produttivo di documentari del paese tra Rai Documentari e Rai Cinema. Vale per più della metà dell’intero comparto produttivo dei documentari e continua ad esserlo. Per quello che riguarda Rai Documentari le produzioni interne Incidono sul budget totale della produzione per il 3%. Rai Documentari investe il 97% nell’industria audiovisiva italiana, mentre il personale interno merita di lavorare perché i suoi prodotti sono eccellenti. Altri player calano gli investimenti, i nostri restano costanti”.

Fa eco Genuino: “Ai numeri sopra indicati va aggiunto il documentario che va in onda sui canali tematici, ulteriore dal punto di vista della programmazione. Storicamente come Rai Cinema dedichiamo un’area al documentario da più di dodici anni. Abbiamo iniziato specificamente a guardare a cosa avveniva nell’evoluzione del nostro cinema con specifica declinazione al documentario, che sta avendo evoluzioni importanti in termini di linguaggio. Come Rai Cinema produciamo solo con produttori indipendenti italiani, non abbiamo produzione interna, perché nasciamo a supporto della produzione cinematografica italiana, compresa quella di documentari. Un segmento di ricerca che ha osservato cosa accadeva nell’evoluzione del nostro cinema, pensiamo a cosa generano autori come Rosi e Minervini. La capacità dei nostri autori e produttori permette di far nascere questi film già come produzioni internazionali. Naturalmente senza alcuna conflittualità tra gli ambiti, cercando di scegliere sempre la miglior strada produttiva possibile”.

“Il documentario –  afferma Pisoni per Sky – è un genere di successo su cui l’azienda ha sempre investito. La nostra esperienza nasce soprattutto con Sky Arte, in un’epoca in cui prodotti analoghi erano veramente pochi. Produciamo da dodici anni per Italia ed Europa, parliamo di 600 ore di produzione originale, senza parlare di coproduzioni e acquisizioni varie. Abbiamo fatto 100 ore per l’Europa, anche con doc di grande budget, arrivando a investire circa 70 milioni, vendendo i nostri prodotti in più paesi. Recentemente due sono stati acquistati da HBO, sono poi arrivati altri due canali. Abbiamo vissuto una autentica Golden Age del documentario. Inutile nascondere che ora, in termini di investimento, è un’epoca passata. Abbiamo cominciato a dover scegliere. Io gestisco anche intrattenimento e serie e abbiamo dovuto sacrificare un po’ sul documentario, selezionando bene e trovando collaborazioni, concentrandoci su due o tre progetti l’anno che possano avere anche una distribuzione cinematografica. Alcuni li leghiamo a produzioni seriali, come quelli su M – Il figlio del secolo, insomma puntiamo molto alla qualità”.

Commenta Lagani: “E’ evidente che siamo in un momento di restrizione di mercato, che ci impone scelte dolorose, ma la preoccupazione ti genere anche una leva e una spinta per trovare nuove modalità. Abbiamo prodotto di recente Prima della fine – Gli ultimi giorni di Enrico Berlinguer, prodotto interamente con materiali di repertorio, siamo tre case di produzione e abbiamo avuto subito il sostegno del MiC e dell’Emilia Romagna Film Commission, che immediatamente ci hanno creduto. Questo ha reso possibile un finanziamento importante, con una ricerca di due anni di repertorio inedito, mettendo su un pre-sviluppo che ci ha lanciati sul mercato, rivolgendoci a Sky che ha immediatamente accolto il progetto. Credo sia un esempio virtuoso e calzante di come creare sinergie in questo scenario”.

Bufalini dichiara, su Cinecittà: “Siamo una realtà a gestione pubblica che incorpora le attività di produzione e l’Archivio, che ha contribuito a realizzare prima documentari di tipo tradizionale, e successivamente di opere sempre più vicine a un racconto cinematografico, tanto che oggi scripted e unscripted sono veramente molto vicini. Siamo passati da anni in cui, fino al 2010, eravamo principali produttori e distributori di doc, poi gli incentivi fiscali hanno permesso di allargare la produzione, ma noi manteniamo un ruolo di partecipante nella filiera. Fuocoammare, ad esempio, è stato sviluppato da Carla Cattani e Donatella Palermo, poi si è aggiunta Rai Cinema. Altro esempio è Gaber. Anche noi abbiamo una produzione interna tradizionale, ma parliamo di 2 documentari su 30. Quest’anno in particolare ce n’è uno in programma sui 100 anni del Luce. La distribuzione cinematografica interna ci rende più indipendenti, ma per rivolgerci a broadcaster e piattaforme dobbiamo lavorare a stretto contatto, sia con Rai Cinema che con Sky, anche in termini seriali, come quello sul tennis realizzato con Domenico Procacci. L’Archivio storico è il nostro grande patrimonio e solitamente il primo motivo per cui ci si rivolge a noi. Non ci limitiamo al cinema storico ma cerchiamo anche di raccontare il contemporaneo. Argomento di questi giorni è il tax credit, è il momento della ripartenza con nuove norme. A Cinecittà abbiamo vissuto un vero stop di produzione e post-produzione, ci auguriamo che soprattutto la produzione internazionale possa ripartire. Stiamo studiando le novità sui documentari, da un lato con maggior selezione sui prodotti, dall’altro probabilmente dovremo riadattare gli investimenti ai diritti disponibili, è un momento di opportunità da raccogliere e cavalcare”.

Abagnato conclude: “La relazione tra Film Commission e produzione di documentari è significativa. E’ importante dal nostro punto di vista, essendo vicini al pubblico, il ruolo che abbiamo per costruire l’ecosistema della fruizione della cultura del documentario. Non basta produrre, bisogna portare i prodotti in sala. Noi abbiamo un progetto chiamato Doc in tour che permette un passaggio in sala superiore rispetto a quello standard, abbiamo il Biografilm Festival, luogo di atterraggio e ripartenza per molti produttori. Negli ultimi 4 anni abbiamo 99 doc su 194 opere sostenute, per quello che riguarda il budget quello destinato alla produzione di documentari è il 30%.  C’è poi il tema dell’attenzione allo sviluppo. Il bando dello sviluppo serve a sondare l’efficacia dell’attività e della strategia produttiva. Inizialmente sostenevamo solo i costi di sceneggiatura, aumentando la possibilità di spendere in workshop, materiali per la fase creativa, ma ora abbiamo aperto lo sviluppo anche ai doc. Tra le esperienze più virtuose mi piace citare Kissing Gorbaciov, che ha ridato vita a una band dispersa”.

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