Sin City, a Cannes il club del pulp


Sin CityIl bianco e nero crea l’effetto comics, i colori acrilici esplodono sullo schermo come il sangue che schizza dappertutto: ecco Sin City, l’oggetto più sorprendente di Cannes 58. “Vederlo è come farsi scoppiare la testa”, dice uno degli interpreti, Bruce Willis. Ed è davvero un’esperienza potentissima (ma anche disturbante, a volte addirittura disgustosa) la visione di questo film che mette insieme il talento di Frank Miller, autore di alcuni degli albi più rivoluzionari della storia del fumetto americano, di Robert Rodriguez, il texano dalle uova d’oro rivelato da El Mariachi e di Quentin Tarantino, che firma una sorta di co-regia onoraria in nome della religione del pulp. Anche il cast non scherza: il mondo di Frank Miller, un puro concentrato ormonale popolato di maschi dai muscoli possenti e di valchirie dai corpi perfetti  è rinato grazie a Benicio Del Toro, Michael Madsen, Clive Owen, Mickey Rourke, Jessica Alba, Brittany Murphy, Rosario Dawson, Michael Clarke Duncan. Impressionante, più degli altri, il ritorno in scena di Mickey Rourke con i connotati ricostruiti da varie operazioni di plastica facciale. L’ex Francesco di Liliana Cavani dà vita a Marv, un gigante buono dal volto sfigurato e dal corpo pieno di ferite che percorre le strade buie della metropoli del peccato per vendicare l’unico amore della sua vita. La sua è una delle tre storie scelte dagli autori insieme a quella di Dwight (Clive Owen), ex fotoreporter coinvolto nella difesa delle prostitute-guerriere della città vecchia contro gli attacchi congiunti di mafia e polizia corrotta e di Hartigan (Bruce Willis), l’ultimo sbirro Sin Cityonesto, pronto a sacrificare tutto per salvare una ragazzina minacciata da uno stupratore psicopatico e cannibale figlio di un pezzo grosso locale.
Costato circa 45 milioni di dollari, il film ne ha già incassati 72 negli States non senza polemiche sulla rappresentazione estremizzata di sesso e violenza, che poco si intona alla linea per famiglie di Casa Disney. Eppure è già in cantiere un seguito, che riporterà insieme la major di Topolino e la Miramax, ormai per il resto ufficialmente divorziati. Determinante, come racconta il regista, il contributo di Harvey Weinstein, che ha creduto nel progetto e assicurato piena libertà, senza paura di un divieto ai minori che puntualmente è arrivato.”La violenza del film – spiega Rodriguez, col cappellone da texano calato sulla testa – è stilizzata, concettuale e noir& non incita certo all’imitazione. Del resto i giapponesi, che hanno il cinema più atroce del mondo, hanno anche il tasso più basso di criminalità”.
Ma Sin City è soprattutto un capolavoro di tecnologia. Girato in Texas, nel ranch di Rodriguez, su green screen, è stato poi lavorato in digitale per quanto riguarda gli scenari e l’ambientazione. “Volevamo un cinema nuovo e ci siamo riusciti”, dice orgoglioso Rodriguez. Che però rivendica il fattore umano del progetto. “Quello che conta è la recitazione, Sin City non è un film di effetti speciali”. Vinceranno qualcosa? Chissà: Salma Hayek, in giuria, è molto amica di Rodriguez. 

autore
18 Maggio 2005

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