Silvio Soldini: “Una cicogna ci salverà”


Nell’Italia dei politici corrotti, degli avvocati traffichini e della volgarità dilagante ci restano solo le statue dei padri della patria (il generale Garibaldi ma anche il poeta Leopardi e l’inventore Leonardo) per contrastare il malaffare e l’idiozia. Così sembra dire il nuovo film di Silvio Soldini, che arriva in sala il 18 ottobre con Warner in 250 copie. Il comandante e la cicogna, prodotto da Lionello Cerri con partner svizzeri, è una storia corale che si potrebbe ribattezzare “Un idraulico in famiglia”, perché le tante vicende agrodolci ruotano attorno all’idraulico Leo (Valerio Mastandrea), padre vedovo di due adolescenti difficili, un tredicenne introverso che ha come migliore amica una cicogna e una sedicenne che finisce su youtube con un video girato dal fidanzatino durante l’intimità. Attorno a questa famigliola ruotano l’artista sempre in bolletta Alba Rohrwacher, il legale che ha come motto ‘le leggi si applicano per i nemici e si interpretano per gli amici’ (Luca Zingaretti), la defunta moglie di Leo (Claudia Gerini) che non smette di visitare il marito ogni notte per convincerlo a rifarsi una vita (e anche nell’aldilà si protesta per i tagli e il sovraffollamento), infine il moralizzatore dei costumi Amanzio Zosulich (Giuseppe Battiston) di chiare origini triestine, dedito a raddrizzare piccole e grandi ingiustizie quotidiane. Mentre le statue parlanti hanno le voci di Neri Marcoré (Leopardi), Pierfrancesco Favino (Garibaldi) e Gigio Alberti (il cavalier Cazzaniga, nuovo eroe che dal suo piedistallo propugna idee di chiara ascendenza berlusconiana). “Ma non volevamo mostrare gli scandali così come sono, sarebbe stato grottesco, piuttosto mi interessava contrapporre al degrado generale alcuni personaggi puri, che continuano a nutrire dei valori”, spiega Soldini. Che dopo due film drammatici e calati nella realtà, come Cosa voglio di più e Giorni e nuvole, aveva voglia di leggerezza. “Per un po’ ho accarezzato l’idea di fare una specie di musical… Ma poi ha prevalso l’esigenza di parlare di questo paese sempre più ‘melmoso’ e corrotto, dov’è sempre più duro abitare a causa della volgarità imperante, del cattivo gusto, della furbizia, della politica. In un certo senso credo che Il comandante e la cicogna sia nato proprio da una necessità di ribellione, mia e dei miei due sceneggiatori Doriana Leondeff e Marco Pettenello, al senso di impotenza che in tanti sentiamo fin troppo spesso, da una volontà di volare sopra a tutta questa melma per riuscire ancora a sperare in un futuro diverso”.

 

Per Zingaretti nel film è bello “veder raccontare il degrado dell’Italia in modo nuovo, attraverso le voci dei nostri progenitori, che hanno fatto la nazione”, mentre Mastandrea definisce Il comandante e la cicogna “una grande commedia morale”. I riferimenti sono tanti, da Fantasmi a Roma a Wenders alla fatina di Pinocchio nella versione di Comencini, arrivando fino all’ultimo Ozpetek Magnifica presenza. “E’ la cicogna a dare lo sguardo al film – dice ancora il regista milanese – uno sguardo surreale e aereo, come nelle mie commedie Pane e tulipani e Agata e la tempesta, ma anche molto legato al momento storico che stiamo vivendo. Durante le riprese ero di continuo alla ricerca di un modo per far coesistere queste due anime. Bisognava far convivere personaggi in carne ed ossa, fantasmi, statue e persino un animale: per questo Il comandante e la cicogna è stato il film più difficile che ho fatto”.

 

Anche per conservare questo tono sospeso tra realismo e fantasticheria, la città del film è una Torino poco riconoscibile. “Non volevo che si vedesse la Mole, che fosse identificabile, anzi, avrei preferito girare in cinque o sei città diverse e anche le statue e le piazze sono inventate dalla scenografa Paola Bizzarri, mentre i personaggi hanno inflessioni che vanno da Nord a Sud”.

autore
15 Ottobre 2012

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