Un’agenzia, Tramite Amicizia il nome della stessa, oltre che titolo del film: il titolare, Lorenzo (Alessandro Siani), dietro compenso “si affitta” come amico, dalle più variegate sfumature, infatti può essere personal shopper o giocatore di padel, e naturalmente uditore dei drammi amorosi. L’amicizia, dunque, quale soggetto e valore del film scritto e diretto, oltre che interpretato, dall’artista napoletano, un’idea che nasce perché “colpito da due articoli che lessi: a Tokio si affittavano persone per colmare la solitudine/malinconia; mentre nell’altro pezzo un ragazzo diceva che aveva molti like e pochi amici ma ‘quando ho deciso di spegnere il telefono, s’è accesa la vita’, spiegava. Così ho deciso di affrontare il tema dell’amicizia ma anche quello del lavoro: mi colpiva il racconto dell’operaio – nella storia il cugino fraterno di Lorenzo -, lo stesso a trovare la soluzione proprio venendo da me”, per mettere in pratica la dinamica dell’amico artificiale, da applicare con Alberto (Max Tortora), il titolare dell’azienda dolciaria di cui il parente è dipendente a rischio, perché prossima una vendita della storica “pasticceria”. “È il mio film meno favolistico perché volevo essere presente sulla realtà. Il film apre ponendo una questione: ‘quanti amici hai?’, riflessione che non c’era nei miei film precedenti. L’amicizia è una cosa grossa e mi fa piacere aprire un dibattito, proprio in questo particolare periodo”.
Sin dal titolo, rafforzato da una battura del film, “in Italia si fa tutto tramite amicizia”, si gioca sul sentimento amicale ma anche sull’allusione a certe dinamiche di favoritismo, solo nel nome di rapporti privati: “Pure per ricoverarti in ospedale sembra serva farlo ‘tramite amicizia’: era una riflessione che volevo fare sulla meritocrazia. È una battuta ma anche una riflessione del senso del film”. E nello spettacolo? Il “tramite amicizia” per Siani “è valido su tutto, però il talento entra sempre senza bussare e non ha bisogno di nulla”.
Con Siani e Tortora, nel film anche Maria Di Biase (Filumena), moglie del cugino operaio e “complice” di Lorenzo nel cucirgli – letteralmente – gli abiti per ogni circostanza, nel renderlo camaleonte nell’aspetto a seconda dall’amicizia da interpretare; e Matilde Gioli, nei versatili panni di Maya, che come spiega la stessa attrice: “è un personaggio che ha permesso un bellissimo viaggio, perché fa una trasformazione incredibile, da punk artista di strada a un’ispirazione a Audrey Hepburn, un movimento anche un po’ dialettico: alla fine finisce trasformata nella sua sintesi più bella, attraverso l’incontro con l’amicizia vera, che all’inizio un po’ le manca. Dell’amicizia, credo nell’importanza del vis a vis, incluse le eventuali difficoltà che può comportare: staccarsi un po’ dagli schermi e confrontandosi, parlare, nel nome di questo dedico il film ai giovani che mi seguono”. Siani rivolge un’ammirazione monumentale all’attrice, nello spiegare perché abbia scelto proprio lei per la parte: “per me è la nuova Mariangela Melato del cinema italiano, ha una sensibilità imbarazzante, recepisce il guizzo del comico e l’istante della riflessione”.
Mentre il rapporto con Max Tortora – come quello con Di Biase – arriva dai tempi del programma tv Bulldozer, ma la poesia del personaggio del film e come perfettamente l’attore la calza, succede perché, secondo lui “è ben scritto e ben sviluppato, le corde c’erano tutte e a me sono state utili per immedesimarmi: è tenero, empatico, parteggi per lui. Il personaggio è sviluppato con sapienza tecnica, fino al lieto fine. Empatia è una parola fondamentale, come in amore, è la capacità di farsi partecipe del dolore altrui: Alberto è empatico e io lo sono stato con lui. È bello come irrompa Lorenzo nella sua vita e come restino ‘vittime’ dell’amicizia, qui trattata con eleganza perché sembra facile parlarne, ma non lo è. L’amicizia è un regalo, e poi è anche mettersi uno di fronte all’altro senza dover dire niente”.
Il film è stato girato in un luogo che ha visto – soprattutto in passato – tanto cinema, ma più di recente non ricorrente nei circuiti delle location cinematografiche, ovvero Ferrara: “Mi piaceva girare in un posto dove ci fosse serenità: la comicità è movimento e nel caos della grande città si perde. È stata un posto tranquillo, utile per far venir fuori i fuochi d’artificio. Ferrara s’è dimostrata accogliente, calda, s’è creata un’atmosfera alla Benvenuti al Sud, così è successo che un cast si sia trasformato in una comitiva, che s’è allargata alla vita reale. L’incontro tra Nord e Sud mi segue da anni: una ricchezza, anche personale”.
Sembra un nota di colore – soprattutto per il pubblico seriale e in particolare quello di Emily in Paris – eppure la presenza nel film di Bruno Gouery (il Luc della serie con Lily Collins) è espressione di un malessere sociale molto delicato: “È strepitoso nella rapina: era importante fosse un attore di grande credibilità se no la scena non sarebbe stata abbastanza comica, ma apre a delle riflessioni perché è un operaio che decide di fare una rapina, goffa”, pur di sopravvivere alla perdita del proprio lavoro, spiega Siani, tema, quello del lavoro, per cui “il tempo delle favole è passato, i problemi oggi sono tangibili, dalle bollette alla guerra: ma il tempo per far divertire no, la risata disarmante benvenga”, continua.
Il film, prodotto da Lucisano e distribuito da 01 Distribution, esce in sala il 14 febbraio in 500 copie: “io penso che abbiamo bisogno della commedia bella, che faccia anche riflettere, per ridare slancio al profitto in sala. Le bruttissime sulle piattaforme fanno distogliere un po’ dall’importanza della qualità in sala. L’uscita larga è perché c’è una buona prospettiva sulla sala” conclude Paolo Del Brocco, ad della distribuzione.
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