LECCE – Si vive una volta sola, ultimo film diretto e interpretato da Carlo Verdone, è stato uno di quei film che hanno sofferto – più di altri – la pandemia, perché previsto in uscita (febbraio 2020) nella piena stagione del lockdown: girato in Puglia, con anche il sostegno dell’Apulia Film Commission, il film – da tempo sulla piattaforma Amazon Prime Video – è oggi a Lecce, al Festival del Cinema Europeo diretto da Alberto La Monica, per il suo battesimo in sala, infatti stasera – 11 novembre – la sua prima e unica proiezione al cinema con il pubblico, accompagnato dal suo autore, “quasi incredulo” alla notizia, rivela il Direttore.
“Io questo film non l’ho mai visto col pubblico”, dice – rammaricato – Carlo Verdone. “Ho girato un film, l’ho visto durante la proiezione di controllo, ho visto tre minuti nelle sale in cui l’andavo a presentare con un saluto, quindi davvero non l’abbiamo mai visto; abbiamo corso per quattordici città, da Nord a Sud, facendo una promozione massacrante, e quando era il momento di presentarlo a Roma è arrivata la notizia che l’uscita del film era sospesa causa Covid. A quel punto, niente, non è successo più niente; abbiamo aspettato mesi, mesi, mesi, con la speranza che i numeri (della pandemia) calassero, e quando siamo arrivati ad un anno e passa, il produttore mi ha detto che lui avevo speso dei soldi e dunque la decisione era darlo a una piattaforma. Ho detto: ‘Aurelio (De Laurentiis), il film è tuo: a me sarebbe tanto piaciuto uscire in sala, è un film per la sala, ma devi decidere tu’. E quindi l’abbiamo dato ad Amazon Prime Video, con cui stavo già lavorando alla serie Vita da Carlo, la cui ideazione aveva preso vita al tempo di Benedetta Follia, non è nata quindi con la pandemia. Con la Serie, siamo usciti con un successo pazzesco, stiamo a vedere se questo porterà a una seconda stagione: visti i risultati credo di sì, molto dipende anche da me, e Aurelio è stato molto gentile, mi ha lasciato scegliere, quindi probabilmente la conferma arriverà poi dalla piattaforma, dopo che a Londra stabiliranno cosa succederà, ma non sto scrivendo assolutamente niente e non abbiamo fatto nessuna riunione con nessun sceneggiatore. Vita da Carlo per Natale esce nel mondo – tranne in Giappone, per problemi di sottotitoli -, significa da Sumatra all’Islanda, è un’opportunità enorme farmi conoscere, se sarò gradito è un pubblico ampissimo: se piacerà, sarà un gran colpo per me che ho sempre avuto la disgrazia di non essere distribuito in maniera intelligente all’estero, nonostante li richiedessero i miei film, e non parlo di De Laurentiis; i produttori precedenti avevano paura che, se avessi avuto successo altrove, potessi poi cambiare le regole del contratto. I miei film, quindi, vanno sempre nei medesimi Paesi: è incredibile dirlo ma devo dire che l’unico che ha creduto in me è stato Harvey Weinstein, gli piacque talmente tanto Sono pazzo di Iris Blond che lo fece uscire in America, a New York e Los Angeles, e piacque; ricordo quattro colonne di critica meravigliosa scritte da Vincent Canby, rimasi a bocca aperta, sono stato molto felice, molto”.
Comunque, continua con certezza Verdone: “Io sono nato sul grande schermo, vorrei terminare la carriera sul grande schermo. Sinceramente questa situazione mi preoccupa molto, il pubblico si sta un po’ abituando a stare a casa: ci sono serie fatte molto bene, ma stiamo attenti, perché la morte totale della sala significherebbe un grosso colpo anche alla Cultura; significherebbe la morte del grande cinema d’autore se la sala passasse in ultima posizione rispetto alle piattaforme, a meno che non si ridisegni un equilibrio, un’alleanza tra piattaforme e cinema, ma non so in che maniera si possa fare. Io tifo per le sale, ma siamo ancora alle prese con i numeri (della pandemia), sono dati che mi scoraggiano”.
Per tornare al cinema bisogna dare allo spettatore una motivazione importante, riflette ancora Carlo Verdone: “Per fare un bel film bisogna pensarci una, dieci, cento volte, dev’essere qualcosa di importante, se no lo spettatore non va in sala”. Un’altra cosa molto preoccupa l’autore, la generazione più giovane che spesso sceglie di guardare film o serie sullo smartphone, sdraiata sul letto, “perché so’ abituato così”, ha detto il figlio diciottenne di un amico amante del cinema, infatti “i ragazzi adesso sono allenati a resistere mezz’ora, perché di più gli pesa lo smartphone; sono abituati alla narrazione breve, concisa, corta, di massimo una puntata, in attesa della seconda. Questo ci deve far preoccupare per la sopravvivenza della sala”.
Infatti, fa notare La Monica,“i festival di cinema giocano un ruolo importante in questo senso, danno attenzione alla sala e possono sicuramente offrire un contributo per mettere i riflettori sulle opere e stimolare il pubblico a tornare al cinema. Certo, ci vuole anche la qualità del prodotto”.
Una qualità che Verdone riconosce in certe opere recenti, come: “Il film di Martone (Qui rido io, ndr) è un grandissimo film, che però ha subito il Covid con le ‘assenze’ in sala degli spettatori, è un peccato. Quello è cinema d’autore, per cui però la sala è frequentata da persone di mezza età, adulte; i giovani vanno nella direzione dei prodotti Marvel, per cui i cinema ‘li affollano’, si deduce dai risultati Cinetel. Sta cambiando la narrazione”.
Tornando a Si vive una volta sola, per cui Verdone omaggia e riconosce la professionalità e “l’affettuoso e intelligente aspetto umano” delle maestranze pugliesi con cui ha collaborato, dice: “È stato veramente un bel ricordo, con tre attori amici (Anna Foglietta, Max Tortora, Rocco Papaleo), molto bravi, con cui ci siamo divertiti a fare un film molto semplice, in cui al centro c’era una grande performance di tutti noi”.
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