‘Shelter’ di Enrico Masi in sala dal 13 giugno

Al festival e in sala la storia di Pepsi, militante transessuale nata nel Sud delle Filippine in un’isola di fede musulmana


Dopo l’anteprima italiana allo Human Rights Nights, arriva dal 13 giugno nei cinema il documentario-rivelazione già applaudito ai Festival di Copenhagen, Cinema du Réel di Parigi, e al BFI Flare di Londra, Shelter – Farewell to Eden di Enrico Masi, l’attualissima storia di Pepsi, militante transessuale nata nel Sud delle Filippine in un’isola di fede musulmana. Produzione Caucaso e Ligne 7. In collaborazione con Rai Cinema e Manufactory Productions con il sostegno di Film Commission Emilia-Romagna Fondazione Sardegna Film Commission, è distribuito da Istituto Luce Cinecittà.

Shelter inizia il suo tour il 13 giugno dall’Apollo 11 e dal Cinema Nuovo Aquila a Roma; a Firenze dal 13, a Torino dal 20, a Milano per il MIX Festival il 23. E altre date si stanno aggiungendo in un calendario che porterà il film per l’Italia fino a settembre.

Dal Mindanao alla “giungla di Calais”, rincorre il riconoscimento di un diritto universale, vivendo l’odissea dell’accoglienza in Europa. Human Rights Nights, festival dedicato ai diritti umani in programma alla Cineteca di Bologna, ospita l’anteprima italiana di Shelter mercoledì 29 maggio alle 20.00, mentre il 13 giugno il documentario comincerà il suo viaggio nelle sale italiane, anche nella versione doppiata da Eva Robin’s.

Il film, inoltre, è stato nominato per il Doc Alliance Award presentato a Cannes quest’anno.Coproduzione tra Italia e Francia, prodotto da Caucaso e Ligne 7 in collaborazione con Rai Cinema e Manufactory Productions, con il sostegno di Film Commission Emilia-Romagna e Fondazione Sardegna Film Commission. Uscirà nelle sale italiane dal 13 giugno, distribuito da Istituto Luce Cinecittà con un tour di proiezioni-evento in tante città d’Italia, per raccontare la storia clamorosa di Pepsi, un’anima e un corpo in transito nell’Europa di oggi, una terra alle prese con un epocale movimento di esseri umani fuori e dentro i suoi confini, fisici e non solo fisici.

Pepsi è un individuo in transizione alla ricerca di un impiego stabile come badante, dopo aver lavorato per oltre 10 anni nella Libia di Gheddafi come infermiera, prima di essere costretta a seguire il flusso dei rifugiati. Ha cambiato più volte nome. Nel film non rivela il suo, e decide di non mostrare il proprio volto. Il suo racconto diventa quello di una maschera, mentre lotta per la propria identità. Pepsi ha sostenuto il colloquio per la richiesta del diritto d’asilo a Bologna, dove ha ottenuto un primo riconoscimento. Non è riuscita a fermarsi. Ha proseguito per la Francia, oltrepassando il passo della morte sulle alture di Ventimiglia, forte della propria esperienza nelle montagne del Mindanao, isola del sud delle Filippine. Raggiunge Parigi, dove acquisisce una seconda identità e trova lavoro clandestinamente facendo massaggi; e condividendo, dopo aver esplorato foreste, montagne, la ‘giungla’ di Calais, gli spazi interstiziali con rifugiati afghani, nigeriani, sudanesi, tra le architetture severe della metropoli.Il film è stato prodotto fra Sardegna, Emilia, Liguria, le Alpi Marittime e Parigi.Nel corso di tre anni, con un totale di quasi 90 ore di girato, oltre a materiale d’archivio e pellicole originali girate in 8 e 16mm, Shelter rappresenta il capitolo finale di una trilogia iniziata nel 2012, dedicata all’impatto dei ‘Mega Eventi’. Qui i temi centrali sono l’identità, le frontiere, il paesaggio e il corpo in transizione.Un intimo diario, nel quale il dramma personale si riflette all’interno di paesaggi naturali e suburbani, e può farsi riflesso di un dramma e una sfida collettivi.

“Il nostro interesse per Pepsi – dice il regista – si è manifestato in una piazza alla periferia di Parigi. L’impossibilità di riprendere il suo volto ci ha portato a costruire la narrazione seguendo i modi di un’antica parabola o di un mito. Per questo il mito d’Europa, con il rapimento e lo stupro di una giovane avvenuto in un’isola del Mediterraneo e compiuto da Giove, nelle sembianze di un toro bianco, ha trovato posto nel cuore della struttura narrativa. Shelter, in qualità di film e quindi di oggetto chiuso in se stesso, a sua volta corrisponde ad un rifugio, un luogo sicuro che custodisce la storia di Pepsi, ciò che lei ha voluto raccontare a noi, ciò che è accaduto sulla sua pelle. La strada che percorre si insinua inun territorio internazionale indistinto, tra il Nord Italia, le Alpi Marittime e Parigi, attraversando confini, città, montagne e foreste, in un medioevo tecnologico che supera la divisione tra natura e urbanità. Pepsi è cresciuta in un’isola del sud delle Filippine, all’interno di un movimento di combattenti d’ispirazione musulmana, da cui è fuggita, attraversando l’Asia e l’Africa per arrivare in Europa. Il suo cammino diventa un sussulto, un’emanazione del conflitto post-coloniale che si trasferisce, grazie alle sue richieste di riconoscimento identitario, nella decadenza lenta e inesorabile di un grande impero occidentale, in cui nuove culture mondiali penetrano e si assimilano. All’interno del documentario non vengono presentate tesi. La storia di Pepsi, narrata direttamente dalla sua voce, diventa corpo e azione seguendo i vari territori che ha attraversato. L’assenza del suo volto nella costruzione drammaturgica eleva la sua voce da racconto particolare a canto collettivo”.

Shelter è il terzo capitolo di una trilogia, dopo The Golden Temple (2012) e Lepanto (2016), dedicata alla resistenza e alla resilienza.

 

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27 Maggio 2019

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