ROMA – Una famiglia si trasferisce in una villetta isolata in periferia in cerca di pace e di un nuovo inizio, ma nel silenzio e nel buio della notte qualcosa di inquieto sta per avventarsi su di loro. Non si tratta di una figura spettrale o di un demone, ma di un semplice incidente d’auto. Presentato alla Festa del Cinema di Roma, Sharp Corner è un thriller psicologico diretto da Jason Buxton, le cui semplici premesse narrative danno il via a conseguenze inaspettate e inquietanti.
Ben Foster e Cobie Smulders interpretano Josh e Rachel, la coppia protagonista che si trasferisce con il figlio novenne in quella che avrebbe dovuto essere la casa dei loro sogni. Quando scoprono che la curva davanti all’abitazione, che compie un angolo particolarmente stretto, attira incidenti a frequenza regolare trasformando il loro giardino in un vero e proprio campo di battaglia, inizia una sorta di incubo psicologico. Mentre Rachel, psicologa affermata, si preoccupa della salute mentale del figlio, Josh, frustrato dalla noia e da un lavoro che odia, inizia a diventare ossessionato dal fatto di potere salvare le vite delle persone che si schiantano sulla sua proprietà.
“Russell Wangersky, autore del racconto originale da cui ho tratto la sceneggiatura, trova l’oscurità nella quotidianità, che è quello che cerco di fare come regista. – dichiara Buxton – Questa storia mi ha spinto ad esplorare come la mascolinità e l’ossessione possano portare una persona a non essere presente per i propri cari. Josh è un uomo che non ha introspezione, non ha un rapporto con quello che accade dentro di lui. Una delle frasi finali è tratta da One in a Lifetime dei Talking Heads, che racconta di una persona che ha fatto tutto quello che avrebbe dovuto fare nella vita e che si trova senza obbiettivi. È quello che ho cercato di raccontare con Josh: quando gli si offre un’opportunità diventa un narcisista e smette di essere un marito e un padre”.
Quella che può sembrare una semplice depressione, o una crisi di mezz’età, diventa per Josh qualcosa di molto più grave, che mette a rischio tutto intorno a sé. Rachel, dal canto suo, non può che osservare con orrore la deriva tragica verso cui il marito si spinge. Cobie Smulders, in tal senso, con la sua statuaria solidità emotiva, è un perfetto contraltare della apatica follia messa in scena da Ben Foster. “Credo che sia stato affascinante per me essere come il pubblico di questo film e osservare da fuori questa spirale. Credo che Jason abbia fatto un lavoro incredibile, creando questa atmosfera densa e questo lento procedere verso la follia. – dichiara l’attrice celebre per il suo ruolo di Robin in How I Met Your Mother e di Marie Hill nel Marvel Cinematic Universe – All’inizio ci sono due scene di felicità che ti portano a chiedere a che punto sia la loro relazione. Credo che il loro rapporto non fosse dei migliori e che lei si sia convinta a trasferirsi per avere un nuovo inizio. Quando stai da tanto tempo con una persona certe cose le elabori. Davanti al suo crollo cerca di interrogarsi, finché non arriva la goccia che fa traboccare il vaso”.
Con Sharp Corner il regista riesce a costruire una tensione costante, grazie soprattutto a un personaggio protagonista le cui vere motivazioni sono avvolte nel mistero. Un uomo palesemente infelice, un fallito che è disposto a tutto per essere per la prima volta l’eroe della situazione. Il viaggio nella sua lenta follia ricorda vagamente quella di Jack Nicholson in Shining e ci offre continuamente intriganti spunti di genere. “Quella curva è dotata di una sorta di possessione, che rende l’abitazione una vera e propria casa stregata. Il riferimento al genere horror sta qui. Ma ero interessato anche ai drammi familiari e ai thriller psicologici. Volevo fare un film diverso dagli altri, muovermi sul filo tra la dark comedy e il thriller psicologico. Dico sempre che il mio film è l’incontro tra American Beauty e Taxi driver”.
A prescindere dagli altissimi riferimenti che Jason Buxton, alla sua opera seconda, si è posto, i risultati raggiunti sono davvero notevoli. Sharp Corner è un’esperienza inquietante e irresistibile. Guardare un uomo che pian piano si abbandona all’ossessione, mandando alla rovina ogni aspetto della sua vita, ha quel fascino strano che il film stesso ci suggerisce fin dall’inizio e che lo stesso regista conferma: “Ero interessato ad esplorare quel fenomeno per cui quando passiamo davanti a un incidente ci fermiamo ad osservare. È come se dicessimo sono felice che sia capitato a loro e non a me”.
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