Sessantotto – L’utopia della realtà


E’ incastonato fra il Living Theatre e l’antipsichiatria di Franco Basaglia, Sessantotto, il film prodotto dall’Istituto Luce che prende il sottotitolo (“L’utopia della realtà”) proprio da uno slogan coniato dallo psichiatra che volle slegare i matti: “L’utopia della realtà” è anche il titolo di una raccolta di suoi saggi e, come suggerisce la sociologa Maria Grazia Giannichedda, tra le sue più strette collaboratrici, una delle cifre del ’68, che non voleva rinviare la felicità a qualche incerto sol dell’avvenire ma sperimentarla nell’oggi. Paradise now! come dicevano Malina & Beck.

E’ una delle tante possibili definizioni di una fase storica che non durò certo un anno soltanto (qualcuno lo fa terminare nel ’78, col rapimento di Moro). Così Ferdinando Vicentini Orgnani (regista) e Adalberto Baldoni (giornalista e saggista) hanno cercato di restituire con una varietà di testimonianze, oltre 40, che comprendono Judith Malina e Lawrence Ferlinghetti, Luciana Castellina e don Mazzi, Massimo Cacciari e Adriano Sofri (è stata questa l’ultima intervista, registrata nel carcere di Pisa, prima che le sue condizioni di salute si aggravassero). Ma – ecco forse la novità più significativa dell’operazione – anche alcune interviste a esponenti della destra, tra cui Stefano Delle Chiaie, Mario Merlino e Guido Paglia che ipotizzano una sorta di ’68 fascista stroncato sul nascere il 16 marzo di quell’anno, quando Oreste Scalzone si prese in testa un banco lanciato dalle finestre della facoltà di Giurisprudenza occupata dagli studenti di destra. Poco prima, a Valle Giulia, quelli di architettura avevano rintuzzato le cariche della polizia (facendo infuriare Pasolini) in una manifestazione “unitaria”. La tesi del film è che dalla repressione di quella fase, voluta dai vertici di Pci e Msi, partisse poi la dottrina (e la pratica) degli opposti estremismi. Dissente fortemente Mario Capanna, è scettico Erri De Luca che invita a raccogliere il maggior numero di testimonianze perché “i testimoni non furono avvertiti che si sarebbero imbattuti nella Storia”. Marco Boato, infine, avverte: “Paolo Emilio Taviani, ministro degli Interni, denunciò la teoria degli opposti estremismi e non fu mai più chiamato al governo”.

Quel che è certo è che il ’68, con la sua carica dirompente e antiautoritaria, anche nel campo del costume e della cultura, cambiò lo scenario non solo in Italia ma nel mondo. Dunque il documentario vola dall’America della Black Panther e della Beat Generation al Maggio francese passando per la Germania e il Vietnam. Sono 140 ore di interviste e moltissimi materiali di repertorio condensati in due dvd più libro, mentre una versione di 90 minuti uscirà nelle sale a Roma, Firenze e Milano.

Post scriptum. Del tutto assente dal film di Vicentini Orgnani il discorso sul femminismo, ma l’AD del Luce Luciano Sovena promette che sarà oggetto del prossimo capitolo di una nuova serie di film su temi sociali.

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11 Maggio 2006

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