“Mario veniva chiamato maestro del dolore perché sembrava stanco, annoiato e vestiva di velluto nero”, ricorda il gallerista Plinio De Martiis mentre scorrono le immagini della Roma anni ’60. Marianne Faithfull, icona pop, dice: “I suoi occhi erano di fuoco: il suo sguardo mi consumava”. L’attrice Anita Pallenberg racconta invece di un loro soggiorno a New York nel 1964: “Eravamo al centro di un’inquadratura che conteneva tutta la cultura beat americana”.
Sono solo alcune delle testimonianze che danno vita al film Mario Schifano Tutto realizzato da Luca Ronchi, prodotto dalla Nova Films di Pietro Valsecchi e Camilla Nesbitt con Mediatrade (che lo manderà in onda prima di Natale) e la Fondazione Mario Schifano. Presentato in anteprima mondiale alla 58/a Mostra di Venezia, il lungometraggio di 77 minuti è dedicato alla lunga carriera artistica del maestro nato nel 1934 a Homs, in Libia, e scomparso nel gennaio ’98, il cui intenso lavoro ha attraversato quattro decenni.
Mario Schifano Tutto (che anticipa l’omonima mostra, dal 6 dicembre alla Galleria Comunale d’Arte Moderna) sarà proiettato in anteprima stasera alle 21 al teatro Argentina nel corso di una soirée ad inviti, presenti il sindaco Walter Veltroni e l’assessore alla Cultura Gianni Borgna. “E’ quasi un’autobiografia postuma che io, amico e collaboratore di Schifano, ho realizzato attraverso video inediti, spezzoni di interviste e schegge di cinema, attinte dal ricco archivio privato di Schifano. Mostro per la prima volta il lato umano ed intimo di questo grande e “irregolare” artista”, spiega il regista Ronchi. “Mario, per uso e abuso di droga è stato un perseguitato: 4 volte in carcere e una in manicomio, ma non ha mai perso il senso della relatività”, commenta il collezionista Gianni Michelagnoli. Ma con lo scorrere delle immagini, ecco scene di vita familiare, la rinascita di Schifano e la sua rinnovata ed esagerata creatività. “Un atleta dello sguardo”, lo definisce Enrico Ghezzi. “Il lavoro era per lui una specie di purificazione”, puntualizza il mercante d’arte Emilio Mazzoli. “Era capriccioso e viziato ma tutti avrebbero voluto vivere come lui. E poi, se n’è andato in grande stile. Non per nulla diceva sempre: “Mi raccomando lo stile!””, aggiunge lo scrittore Fulvio Abbate.
Stasera all’Argentina, a ricordare il “genio” della pop-art italiana, “magister” della Scuola Romana di Piazza del Popolo, la più grande corrente dell’arte contemporanea per il ritorno al figurativo formata da Franco Angeli, Tano Festa, Renato Mambor, Giosetta Fioroni e continuata a tutt’oggi da Enrico Manera, si saranno la moglie Monica, il figlio Marco e tutti gli amici che l’hanno amato o che hanno collaborato con lui.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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