Sequestrato dai carabinieri del Nucleo Tutela Patrimonio Artistico e Culturale il manoscritto dell’Infinito, messo all’asta come terzo autografo della lirica più famosa di Leopardi e poi ritirato a causa dei dubbi sulla sua autenticità. La Procura di Macerata ha aperto un fascicolo con due indagati. La svolta è venuta da un’analisi della Soprintendenza archivistica del Lazio, chiesta dalla Soprintendenza archivistica marchigiana, secondo la quale il manoscritto non può essere un autografo per misure e spaziatura tra le lettere, identiche ad un altro autografo custodito a Napoli, bensì un calco o facsimile. Intenzionalmente prodotto – secondo l’ipotesi accusatoria – per la vendita all’asta con un base di partenza di 150 mila euro. Il manoscritto che, se ne fosse stata dimostrata l’autenticità, sarebbe stato il terzo dell’Infinito dopo quelli custoditi a Napoli e a Visso (Macerata), era stato presentato il 19 giugno, con il supporto della prof. Laura Melosi, docente della cattedra Leopardi dell’Università di Macerata e dell’esame grafico compiuto da Marcello Andria, tra i massimi esperti di autografi leopardiani. La Regione Marche aveva annunciato l’intenzione di battersi affinché il documento, ufficialmente emerso dalle carte di una collezione privata, non finisse in mano ai privati, ma rimanesse allo Stato. Ma i dubbi sono emersi quasi subito, da parte dei discendenti del poeta e anche degli esperti del Centro Nazionale di Studi Leopardiani di Recanati, i quali avevano ipotizzato, informalmente, che potesse al massimo trattarsi di un pagina copiata dai fratelli di Giacomo, che avevano la stessa calligrafia. Il manoscritto si trovava ancora presso la casa d’aste Minerva Auctions di Roma, dove era stato messo all’asta il 26 giugno, per poi essere ritirato mentre la sessione era in corso.
"Una pellicola schietta e a tratti brutale - si legge nella motivazione - che proietta lo spettatore in un dramma spesso ignorato: quello dei bambini soldato, derubati della propria infanzia e umanità"
"Non è assolutamente un mio pensiero che non ci si possa permettere in Italia due grandi Festival Internazionali come quelli di Venezia e di Roma. Anzi credo proprio che la moltiplicazione porti a un arricchimento. Ma è chiaro che una riflessione sulla valorizzazione e sulla diversa caratterizzazione degli appuntamenti cinematografici internazionali in Italia sia doverosa. È necessario fare sistema ed esprimere quali sono le necessità di settore al fine di valorizzare il cinema a livello internazionale"
“Non possiamo permetterci di far morire Venezia. E mi chiedo se possiamo davvero permetterci due grandi festival internazionali in Italia. Non ce l’ho con il Festival di Roma, a cui auguro ogni bene, ma una riflessione è d’obbligo”. Francesca Cima lancia la provocazione. L’occasione è il tradizionale dibattito organizzato dal Sncci alla Casa del Cinema. A metà strada tra la 71° Mostra, che si è conclusa da poche settimane, e il 9° Festival di Roma, che proprio lunedì prossimo annuncerà il suo programma all'Auditorium, gli addetti ai lavori lasciano trapelare un certo pessimismo. Stemperato solo dalla indubbia soddisfazione degli autori, da Francesco Munzi e Saverio Costanzo a Ivano De Matteo, che al Lido hanno trovato un ottimo trampolino
Una precisazione di Francesca Cima
I due registi tra i protagonisti della 71a Mostra che prenderanno parte al dibattito organizzato dai critici alla Casa del Cinema il 25 settembre