Un mestiere zoppo. È questa la definizione che Cesare Zavattini dava dello sceneggiatore. Al “mestiere zoppo” da venerdì 2 novembre fino a domenica 4 sarà dedicato a Pesaro un grande convegno, organizzato dalla Fondazione Pesaro Nuovo Cinema (guarda il sito) nell’ambito della XX Retrospettiva. L’evento, curato da Bruno Torri, vedrà confrontarsi critici (Adriano Aprà, fra i tanti), produttori (come Gian Luca Arcopinto) e, ovviamente sceneggiatori (tra i quali Silvia Napolitano, l’autrice della sceneggiatura di Tre mogli di Marco Risi, in questi giorni in sala).
Un mestiere zoppo, difficile, quello dello sceneggiatore, come difficile è analizzare i film partendo dalla parola scritta, dando a questa parola importanza predominante, lasciando in secondo piano il tradursi della parola in immagine.
Sulla sceneggiatura moltissimo è stato detto e scritto, sugli sceneggiatori e sulla loro importanza tantissimo abbiamo potuto leggere (anche recentemente in un volume curato da Franco Montini sui nuovi scenari del cinema italiano). Così come tantissimo si è detto sulle differenze tra lo script del cinema americano e il copione all’europea. Ma il cinema europeo è davvero soltanto un cinema di parola e di pensiero?
E’ importantissimo oggi rileggere un mestiere che si sta trasformando radicalmente, contaminato dalla televisione, sempre più attento sia alle istanze produttive che alle richieste del pubblico. Il che incide sui temi trattati ma anche, e soprattutto, sui tempi e i ritmi.
Riflettere sulla sceneggiatura di ieri e quella di oggi (parallelamente al convegno si svolgerà una rassegna sul cinema italiano dal 1960 al 1964), può diventare strumento fecondo per trovare risposte importanti su questa fase confusa (nel cinema e nella vita). Perché – e non va mai dimenticato – attraverso il cinema si racconta il sociale. E comprendendo il sociale si comprende il cinema.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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