“Scossa” contro l’indifferenza


“Ogni film storico è in qualche modo un film attuale”. L’affermazione viene da Citto Maselli, uno degli autori del film Scossa, progetto collettivo realizzato assieme a Ugo Gregoretti, Carlo Lizzani, Nino Russo, Andrea Frezza e lo sceneggiatore Giorgio Arlorio, presentato Fuori Concorso alla 68ma Mostra di Venezia e distribuito da Paco Conematografica. Il film narra, attraverso episodi separati narrativamente, ma legati da temi comuni, come il rapporto con la morte e il sentimento dell’indifferenza, il tragico terremoto di Messina del 1908.

 

Tra gli interpreti ci sono Massimo Ranieri, Amanda Sandrelli, Lucia Sardo e Paolo Briguglia, nel ruolo dello scrittore Giovanni Cena, che di quella catastrofe costruì un dettagliato reportage.

“La mia generazione ricorda ancora Fabiola di Blasetti – racconta ancora Maselli – un film sulle persecuzioni cristiane, che divenne simbolicamente il racconto di ciò che accadeva in quegli anni tra governo democristiano e comunisti. Allo stesso modo il nostro film parla anche di oggi, ma evitando spettacolarizzazioni ed effettismi, con un approccio il più serio possibile. Io ho realizzato un episodio brevissimo e terribile, puntando tutto sulla tragicità di ciò che è realmente accaduto. Molti drammi sono avvenuti perché i primi soccorritori furono soldati russi, e non ci si capiva con la lingua”.

“Non dobbiamo pensare solo alle scosse telluriche per ricercare l’attualità del film – risponde Massimo Ranieri, protagonista proprio dell’episodio diretto da Maselli, dal titolo Sciacalli – Oggi viviamo grandi scosse psicologiche: la crisi, la finanziaria, la politica…”

L’episodio di Gregoretti, invece, dal titolo Lungo le rive della morte, è la traduzione cinematografica di quanto riportato da Cena. In una scena in particolare, un povero contadino si dispera più per la morte del suo asino che per quella di sua moglie. “Cena – racconta il regista – ne resta scioccato, e se lo spiega concludendo che là, in quelle terre dove domina la miseria, la morte è di casa, e dunque non fa grande effetto melodrammatico. Ma per una ragione esistenziale, è chiaro che, mentre il povero contadino può fatalisticamente accettare la dipartita della sua compagna come causata da una calamità naturale paragonabile a tutte le altre, perdere il somaro significa perdere la possibilità di vivere e lavorare”. “Nel mio episodio – dice invece Carlo Lizzani, regista di Speranza – tutti cercano di salvare una donna rimasta intrappolata tra le macerie ma qualcosa di più grosso, ad esempio l’incendio di un convento, li distrae continuamente. L’unico personaggio davvero indifferente è uno sciacallo che approfitta della situazione per derubare la poveretta”. “La grande indifferenza – dichiara lo sceneggiatore Arlorio – è quella dei Nord del mondo verso i Sud. ‘Indifferenza’ è una parola che mi ferisce sempre, perché non si tratta di quella stoica e di valore filosofico, ma del veleno che ci uccide lentamente di cui parlava Simone De Beauvoir. A tutti può capitare di essere ‘indifferenti’ verso qualcuno o qualcosa, ma è sempre sintomo di un disagio e non va confusa con la tolleranza, e men che mai con la saggezza”.

Per non parlare poi dell’indifferenza delle istituzioni. A cent’anni dalla tragedia, ci sono ancora persone povere che vivono nelle baracche. L’episodio di Nino Russo, Sembra un secolo, il più surreale, vede un anziano pescatore campare oltre cent’anni pur di vedersi consegnare la casa che il Comune di Messina gli aveva promesso a quindici giorni dalla tragedia. Usa un linguaggio sognante, inserendo sul livido bianco e nero in cui è girato sprazzi di colore, sulle bandiere italiane, sui manifesti elettorali sempre diversi, che segnalano il passare del tempo. “Brecht lo avrebbe chiamato ‘effetto di straniamento’ – dice il regista – Si tratta di inserire elementi che richiamino lo spettatore a una visione critica della pellicola, facendogli capire che non stiamo descrivendo in maniera naturalistica, ma proprio perché di finzione si tratta, lui deve stare attento a coglierne i dettagli. Oggi al cinema vengono molto rivalutati i sentimenti, l’espressione di pancia, ma a noi interessa solleticare l’intelletto”. Per far sì che chi guarda, non corra il rischio di restare indifferente.

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01 Settembre 2011

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