ROMA. Alla fine la partita con la burocrazia è stata vinta e i soldi dalla Regione Sicilia sono arrivati al film Biagio di Pasquale Scimeca che qualche mese fa, selezionato dalla Mostra di Venezia per la sezione Orizzonti ,aveva dovuto rinunciare non potendo completare la post produzione. In fondo ha avuto ragione fratel Biagio, il missionario laico, raccontato dal regista nel suo lungometraggio in concorso al Festival di Roma: “Se Dio vuole te lo farà fare questo film!”. Il nuovo film di Scimeca è dedicato a un san Francesco dei nostri giorni, a Biagio Conte, missionario laico, popolare a Palermo per il suo impegno a favore dei poveri che l’ha portato a creare alcune strutture di accoglienza per circa 800 persone: due comunità maschili e una per donne singole o mamme con bambini.
La sua storia ricalca la vicenda del Poverello d’Assisi dal quale dice peraltro di essere stato ispirato. Tutto ha inizio negli anni ’90 quando Biagio lascia la famiglia benestante palermitana perché colpito dai tanti volti pieni di sofferenza che incontra alla stazione e nei quartieri degradati della città. In un primo tempo si ritira sulle montagne dell’entroterra siciliano dove conduce vita da eremita, aiutato anche da un pastore. Poi, in compagnia del cane Libertà, vivendo di carità, affronta il viaggio a piedi fino ad Assisi, sulle orme di san Francesco. Ritornato a Palermo, abbandonata l’idea di andare missionario in Africa, decide di dedicare la sua vita agli emarginati e ai senza tetto che vivono sotto i portici della stazione di Palermo: barboni, alcolisti, profughi, tossicodipendenti. Dopo diverse proteste e un digiuno ottiene alcuni locali all’interno dei quali fonda nel 1993 la “Missione di Speranza e Carità”.
L’idea del soggetto è di Marcello Mazzarella, l’interprete protagonista del film che ha scoperto fra Biagio anni fa in tv. “Volevo che fosse raccontato un siciliano che fa onore alla sua terra con la sua compassione e dolcezza. E poi sono stato anch’io un ‘ultimo’, per tre anni – rivela l’attore siciliano – ho vissuto a Roma per strada aiutato dalla Caritas e dalla Comunità di Sant’Egidio. Poi la provvidenza ha voluto che il regista Raúl Ruiz mi scegliesse per impersonare Proust nel suo Il tempo ritrovato”.
Il film, costato 600mila euro, è stato prodotto da Arbash con il contributo della Film Commission della Regione Sicilia e della Banca Credito Cooperativo del Nisseno.
L’idea iniziale del film è venuta da Marcello Mazzarella?
Da tempo progettavo un film sulla vita di Gesù Cristo, ma stavo vivendo un blocco in fase di scrittura. E’ allora che si è affacciato Marcello con il suo soggetto.
La vicenda di Biagio riguarda tutti noi che viviamo una crisi ideale?
E’ il paradigma del nostro tempo. Con un gesto radicale fra Biagio abbandona la civiltà del consumismo, perché è un sistema di valori basato sul consumo e sul possesso di beni materiali non ha futuro e fa voto di non toccare più il denaro. Al centro della sua vita pone l’attenzione e la cura degli altri.
Biagio è un resistente?
E’ uno dei pochi rivoluzionari veri, nel senso che non lo è solo a parole, ma con i fatti, rifiutando il Dio denaro.
Il film sottolinea quanto sia importante la ricerca spirituale.
La ricerca di una religiosità è un problema del nostro tempo, perché abbiamo costruito la nostra vita sul possesso dei beni materiali e la spiritualità è dunque un bisogno profondo.
Il suo è un ritratto fedele di fra Biagio?
Direi di sì, perché è quel fraticello umile che si definisce. Fra Biagio preferisce non apparire, non concede interviste. E’ una delle persone più conosciute e amate dalla gente povera. E’ un francescano, non rifiuta mai niente a nessuno, anche se vorrebbe fare l’eremita tra le montagne.
Voleva che si facesse un film sulla sua vita?
No, fra Biagio temeva che fosse un peccato d’orgoglio, non desiderava esporsi. L’abbiamo convinto dicendogli che il suo esempio sarà utile.
Recentemente è stato protagonista di una singolare protesta contro le istituzioni che gli chiedevano di pagare 85mila euro di tassa dei rifiuti per i locali che una delle sue comunità abita.
Una richiesta assurda, folle e lui ha scelto una protesta gandhiana, girando con una pesante croce per le strade della periferia palermitana.
Definirebbe il suo un film politico?
Preferirei un film con implicazioni culturali e ideologiche.
Un film francescano?
San Francesco è stato l’uomo più importante della storia d’Occidente. Comunque non ho voluto fare un’opera accattivante, convinto che un film debba creare dubbi.
Pensa che Papa Francesco possa apprezzare il suo film?
Questo Papa, che per la prima volta si chiama come san Francesco, è come fra Biagio: fa seguire alle parole l’esempio. Rappresenta un grande dono che ci è stato dato, un leader che noi di sinistra non abbiamo mai avuto
Quando uscirà il film?
Lo distribuiremo con la nostra società Arbash, come è avvenuto per Rosso Malpelo. Inoltre avremo il sostegno del circuito dell’ACEC, il circuito a cui aderiscono circa 500 sale cattoliche e che consentirà al film un viaggio che durerà nel tempo. Fandango invece si occuperà della distribuzione internazionale.
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