Schiava di un “animale” nella baraccopoli di Medellin

La mujer del animal è un film forte, disturbante, a tratti quasi scioccante, che mostra senza mezzi termini la violenza e la sopraffazione più estreme contro le donne


Arriva alla Festa dalla Colombia un film forte, disturbante, a tratti quasi scioccante, che mostra senza mezzi termini la violenza e la sopraffazione più estreme contro le donne (ma di cui altre donne sono complici o testimoni). E’ La mujer del animal di Victor Gaviria. Con attori non professionisti e girando per strada il cineasta – che ha realizzato solo quattro film in 40 anni dato che dedica tempi lunghissimi alla preparazione del set e alla costruzione della storia – ci racconta il calvario apparentemente senza speranza della giovanissima Amparo. In una bidonville alla periferia immensa di Medellin, alla fine degli anni ’70, una diciottenne scacciata dalle suore del collegio, va a vivere a casa della sorella. Lì la nota un cugino, Libardo, detto l’Animale. L’uomo, un boss di quartiere che si dedica a furti e altre azioni criminali, a colpi di machete, che ha un linguaggio ridotto agli insulti e ai grugniti, e si diverte a stuprare giovani donne insieme ai suoi complici, dopo aver violentato la vergine Amparo decide di farne sua “moglie”: invece di lasciarla al suo destino la tiene segregata, in totale schiavitù, in una baracca sottoponendola a continue violenze fisiche e psicologiche, anche quando nasce una bambina, figlia di questa unione, una figlia che lui sarebbe anche pronto a violentare a sua volta se Amparo non trovasse dentro di sé le straordinarie e inaspettate risorse per opporsi e non perdere mai la propria dignità.  

“Racconto persone senza futuro – dice Gaviria, a Roma insieme alla protagonista, Natalia Polo – La storia è ambientata 40 anni fa, oggi le cose sono in parte migliorate, le donne non sono più condannate a restare in quella realtà perché non saprebbero dove andare. Ma Medellin resta prigioniera, in certi quartieri, delle bande criminali, che continuano a compiere violenze molto simili a quelle nel film”.

“Quando mi hanno scelta – racconta Natalia Polo – avevo molti dubbi, non sapevo se sarei stata in grado di rendere il dolore, che Margherita, la vera protagonista dei fatti, ha sopportato. Oggi resta nelle vittime la paura di denunciare. Gli uomini, nel mio Paese, e in molti altri, nascono liberi, le donne no. Tante non possono lavorare ma devono solo occuparsi della casa e dei figli, sono chiuse in una gabbia”. 

La distribuzione internazionale del film è affidata a Fandango Sales

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21 Ottobre 2016

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