CANNES – “Il personaggio di Pericle è nato leggendo il romanzo: sentivo l’imprevedibilità sua e dei suoi ragionamenti, che terminavano sempre in maniera candida. Con questa chiave ho trovato la forza, nella prima parte, di essere duro, violento, anche sgradevole. Mentre facevo quelle scene pensavo che magari Pericle era un tipo che in quei momenti pensava alla salsa di pomodoro della mamma”. Trasformato in un uomo che vive ai margini e per lavoro (letteralmente) “fa il culo alla gente” – ovvero “svergogna” le persone per conto del suo boss – Riccardo Scamarcio ha raccontato così, stamattina la sfida di portare al cinema il romanzo di Giuseppe Ferrandino Pericle il nero. In molti, per anni, avevano tentato l’impresa, alla fine compiuta grazie alla società di produzione Buena Onda (dello stesso Scamarcio con Valeria Golino e Viola Prestieri) e al regista Stefano Mordini, con lo zampino dei fratelli Dardenne (coproduttori).
Il risultato è arrivato prima in sala (il 12 maggio) dove Pericle il nero ha ottenuto un incasso davvero deludente, e poi al Certain Regard del Festival di Cannes.”Il film non è cominciato bene – si è difeso subito l’attore, incontrando i giornalisti all’Italian Pavilion – nessuno sa in Italia che è uscito. Qui a Cannes invece mi sembra che ci sia interesse e curiosità. Mi pare che chi lo vede rimanga colpito e aderisca a questo personaggio così strano e singolare”. Il suo Pericle, infatti, inizialmente presentato come un uomo solitario e amorale, compie una notevole evoluzione grazie all’incontro con una donna. “Perché uscire prima di Cannes? Ci piace vincere difficile o perdere facile – ha risposto, ironico, Scamarcio – è una strategia oculata e organizzata. Prendiamo atto comunque che il gusto cinematografico in Italia è diverso, capiamo che Pericle il nero non è un film per tutti, ma forse per pochi e pochissimi. Il nostro disastro di pubblico lo vivo in maniera positiva, ci vuole coraggio per dirlo”. E ha aggiunto: ”Speriamo che il film faccia la stessa parabola del romanzo. Fu ignorato in Italia poi in Francia fu pubblicato da Gallimard e quindi uscì di nuovo in Italia con Adelphi diventando un best seller”.
D’altronde l’attore, con la sua casa di produzione Buena Onda ha scelto di realizzare un cinema svincolato dalle logiche che assecondano il presunto gusto del pubblico: “Recito da attore per rischiare poi con i film da produttore. È molto difficile mettere in piedi film sperimentali che prendono rischi e si allontanano dalla voglia di creare personaggi riconoscibili, consolatori e rassicuranti. Questo è il cinema che piace al pubblico, io lo faccio ma ogni tanto è bello fare qualcosa di controverso”. L’attore è stato ospite di Maite e Paolo Bulgari, insieme al regista e al cast del film, sullo yacht ‘Magari’ ormeggiato nel porto di Cannes per un ricevimento prima della proiezione.
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Alla fine Valeria Golino lo dice chiaramente. "C'è stata unanimità? Quasi". E aggiunge: "Ci sono state lunghe discussioni, ma nessuna decisione è stata presa coi musi", e definisce l'esperienza appena conclusa "faticosa e memorabile". A caldo è abbastanza evidente che la giuria di George Miller ha dovuto fare un bel po' di compromessi. Due particolari rivelatori. Il doppio premio a The Salesman, il bel film di Asghar Farhadi che forse avrebbe meritato la Palma d'oro, e il premio per la regia ex aequo. I premi
E’ Ken Loach con I, Daniel Blake il re del palmarès di Cannes 2016. Seconda Palma a dieci anni di distanza per il regista britannico, che aveva già conquistato il premio con Il vento che accarezza l'erba. “Cercate di restare forti, per favore. Ci sono persone che faticano a trovare il cibo nel quinto paese più ricco del mondo – ha detto il regista alla premiazione – il cinema serva anche a dare speranza. Un altro mondo è possibile e necessario”. Fanno colore le copiose lacrime di Xavier Dolan e l'esuberanza di Houda Benyamina, vincitrice della Camera d'or. I premi