VENEZIA – Un dato reale di mille bambini all’anno sottratti solo in Italia e un film che nasce “dalla paura di quando, mentre stavo per diventare papà, un uomo mi ha raccontato la sua storia: un giorno è tornato a casa e non c’erano più la moglie e il figlio. Ci ha messo un anno per ritrovarli”. Partendo da queste premesse e da una forte urgenza personale, Vincenzo Marra ha realizzato La prima luce, con cui ha esplorato l’angoscia di Marco (Riccardo Scamarcio), un padre a cui la compagna Martina (la cilena Daniela Ramirez) sottrae il figlio di 7 anni (Gianni Pezzolla) per portarlo lontano, nel suo Paese d’origine.
Marra coglie la coppia quando la loro storia d’amore è già esaurita, tra recriminazioni, egoismi e violenze verbali, e fa partire il suo racconto – fatto di silenzi, sguardi e momenti sospesi – dalla fine del legame, quando la situazione sta ormai precipitando. La fuga di lei innescherà una via crucis disseminata di investigatori privati, psicologi, avvocati e giudici, che Marco dovrà incontrare a Santiago nella speranza di riavvicinarsi a suo figlio. “Questo è un tema moderno e inesplorato – ha spiegato il regista, il cui film è stato presentato alle Giornate degli Autori – ed è universale, perché chiunque può immedesimarsi nella situazione tragica di non trovare più il figlio al ritorno a casa. Nel film è la donna a fuggire con il bambino, ma io non volevo prendere una posizione, perché sono convinto che la persona più importante sia in ogni caso il bambino. Detto questo credo che un uomo possa dare a un figlio cose simili alla madre: ho dedicato parte della mia vita a dimostrarlo”.
Anche Scamarcio, che non ha figli, è convinto della pari capacità di uomo e donna nel crescere un bambino: “Ciò che conta è trasmettere l’amore, l’affetto, la sensibilità, i valori. Questo è stato un lavoro intenso, libero, di ricerca – ha detto l’attore – per prepararmi ho parlato con Vincenzo e incontrato alcuni genitori che hanno vissuto questa esperienza. Non essendo io padre, attingevo alla memoria del rapporto con mio papà e di come si comportava con me quando ero piccolo. Di quando mi portava al mare e facevamo le cozze, e io mi aggrappavo al suo collo. Ho guardato il piccolo Gianni con gli occhi di mio padre, una persona per me importante con cui ho sempre avuto un rapporto sano, e ho creato uno strano transfert. Ho anche pensato che la sensazione di paternità si può provare in altri termini, e vivere i film fatti come figli”. Per l’attore pugliese sono in arrivo, quindi, altri due “figli”: Io che amo solo te di Marco Ponti, con Laura Chiatti e Burnt di John Wells, in cui recita accanto a Bradley Cooper e un cast all-star: “Lì sono uno chef italiano che dispensa droga nella cucina di un cuoco (Cooper) che fa di tutto pur di ottenere la terza stella Michelin”.
Ne La prima luce – il cui titolo rimanda alla “prima luce che vedono i bambini nascendo, e a quella che vedono a loro volta i genitori appena nasce un figlio”, ha detto Marra – c’è anche un ribaltamento dei confini: la protagonista Martina vuole tornare in Cile perché non riesce più a vivere in Italia. “Martina è una donna moderna – aggiunge il regista – che era venuta nel nostro Paese per amore e vuole tornare in uno Stato in espansione, in cui infatti la sua vita sarà migliore”. Prodotto dalla Paco Cinematografica di Isabella Cocuzza e Arturo Paglia, La prima luce sarà in 70 sale dal 24 settembre con Bim.
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Il delegato generale della Settimana della Critica, a fine mandato, analizza lo stato di salute del nostro cinema in un'intervista al sito Quinlan. "Il cinema italiano è malato, malato di qualcosa che non lascia sviluppare quei talenti – che a questo punto non so nemmeno più se ci siano – che vogliono rischiare con dei film più coraggiosi. Penso che chi ha le idee si diriga verso altre forme, verso le web series ad esempio, e il cinema d’autore soffra un po’ dei soliti dilemmi". A breve il Sindacato nazionale critici cinematografici indicherà il nuovo delegato generale