Dopo Michel Serrault e Robert Carlyle va finalmente a un italiano il Satiro Award, premio europeo ai maestri della commedia istituito dall’Assessorato alla Cultura della Regione Lazio e dall’Istituto Luce, in collaborazione con la Top Film. E l’italiano, anzi il bolognese, è Pupi Avati, un autore sempre prolifico ma in questi ultimi anni addirittura “bulimico” di cinema e di successi: nelle sale è appena uscito La seconda notte di nozze (gli ha fatto le congratulazioni, per lettera, persino il cinico Dino Risi) e lui è già sul set del nuovo La cena per farli conoscere, dove uno dei suoi attori preferiti, Diego Abatantuono, incontrerà un poker di giovani donne bellissime: Vanessa Incontrada, Francesca Neri, Ines Sastre, Violante Placido. Subito dopo ha in programma un ritorno al gotico in stile La casa dalle finestre che ridono, che resta uno dei suoi titoli più amati dai cinefili. “Avati – dicono gli organizzatori del premio – ha uno stile delicato, capace di indurre allo stesso tempo al sorriso e al sentimento di malinconia e racconta con leggerezza la quotidianità”.
Classe 1938, nato sotto il segno dello Scorpione, ex presidente di Cinecittà Holding, clarinettista pentito e sempre appassionato di jazz, Giuseppe detto Pupi fa cinema in famiglia, nella duplice accezione di chi si circonda di presenze congeniali e note e di chi sa raccontare benissimo i vizi e qualche virtù di un’Italia provinciale e minima, fatta di padri e figli, zii e cognate. Poi c’è la famiglia vera, quella anagrafica, il fratello più piccolo Antonio, il produttore, l’unico che può andare sul set a dirgli “guarda che fa schifo”. Adesso i tre figli: Maria Antonia che ha esordito nella regia (distribuirà il Luce) dopo aver lavorato come segretaria di edizione, un altro che si occupa di animazione e ha lavorato in King Kong e un terzo, Tommaso, sceneggiatore.
Pupi, sabato sera alla Casa del Cinema, ha incantato l’intera platea con i suoi aneddoti raccontati con tono istrionico e facendo persino le voci. Così faceva rivivere Fellini, che frequentava assiduamente negli ultimi anni, quando il maestro non riusciva a farsi produrre i film. “Federico chiamò Giulietta tre volte durante una proiezione per pochi intimi della Voce della luna, chiedendo se il film piacesse e se Sergio Zavoli avesse riso. E pensare che noi avremmo applaudito anche due ore di schermo nero”. Poi Woody Allen, “l’unico jazzista americano senza swing”. Poi Lucio Dalla, che in pochi mesi gli insegnò la differenza tra la passione e il talento, tanto che lui voleva buttarlo giù dalla Sagrada Familia di Barcellona per l’invidia mentre erano in tournée con una band di ginecologi. Questa storia, come tante altre prese dall’autobiografia, è diventata, un po’ idealizzata, Ma quando arrivano le ragazze?
Parla degli attori preferiti, da Carlo Delle Piane a Neri Marcorè d Antonio Albanese, quintessenza del soccombente che lui tanto ama ritrarre, non l’eroe ma il perdente, lo sfigato. Ma agli attori affianca sempre qualche outsider, l’ultima è stata Katia Ricciarelli che quando gli venne in mente riuscì a gelare un’intera tavolata: “le idee migliori sono quelle che incontrano la massima opposizione”. Con lui vorrebbero lavorare tutti. Persino il segretario generale della Regione Lazio, Francesco Gesualdi, mentre gli consegna il Satiro, una scultura di Giancarlo Silvestri, chiede la promessa di scritturarlo in qualche particina.
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La redazione va in vacanza per qualche giorno. Riprenderemo ad aggiornare a partire dal 2 gennaio. Auguriamo un felice 2018 a tutti i nostri lettori.
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