“La provincia è la nostra miseria e la nostra ricchezza, nel bene e nel male non cambia mai”. Così Giulio Base spiega la fascinazione per il romanzo di Piero Chiara, datato 1973, Il pretore di Cuvio, ora diventato un film grazie soprattutto all’impegno di Sarah Maestri. L’attrice, che è di Luino, come lo scrittore nato nel 1913, da tempo desiderava riportare il cinema sulle rive del Lago Maggiore. “Non abbiamo più neanche una sala, eppure qui sono stati girati film importanti come Venga a prendere il caffè da noi e La stanza del vescovo”. Ci ha messo due anni per avere i diritti del libro da un riottoso Federico Roncoroni, curatore dell’eredità letteraria di Piero Chiara. Lo scrittore avrebbe voluto lui stesso portare al cinema questo best seller, che sfiorò anche il Premio Strega. “Si diede da fare per scrivere la sceneggiatura del suo libro più cinematografico, ma alla fine non riuscì nell’impresa e per 35 anni i diritti sono rimasti in qualche modo bloccati”, spiega ancora l’attrice di Notte prima degli esami.
Con un intreccio che sarebbe piaciuto a Claude Chabrol, Il pretore è la storia di Augusto Vanghetta, un satiro insaziabile che usa il suo potere di pretore di provincia – siamo nell’Italietta del fascismo – per sedurre donne di ogni età e condizione, mentre la giovane moglie Evelina sfiorisce: sola, affetta da un’anoressia nervosa e incapace di generare un erede, oggetto di chiacchiere maligne nel paese. Fino al giorno in cui in pretura arriva Mario Landriani (Mattia Zàccaro Garau), giovane legale che diventa l’aiuto di Vanghetta e sempre più spesso lo sostituisce accanto alla signora. Francesco Pannofino presta la presenza corpulenta e una recitazione sopra le righe al laido Vanghetta, “un uomo – come dice l’attore – pieno di difetti e bassezze, che verso le donne non nutre alcuna delicatezza o considerazione”. Scrisse di lui Giuseppe Prezzolini: “un personaggio che ricorda una fogna, ma che colpa ne ha una fogna se porta tutto questo liquame?”. E infatti per Giulio Base in questo universo tutti sono ugualmente colpevoli e riprovevoli. “In fondo – dice il regista, tornato al cinema dopo 15 anni di fiction – la trama è la più antica del mondo: lui, lei e l’altro. Ma il racconto, che si muove tra grottesco e tragedia, contiene tanti riferimenti all’italianità. Si parla di prevaricazione, di uso del potere per fini privati, di sfruttare una carica per ottenere favori sessuali, di raccomandazioni. Tutte cose purtroppo attuali”.
Naturalmente i personaggi femminili sono le principali vittime di questo mondo fatto di maldicenze, corna e ipocrisia. “Eppure – dice ancora Giulio Base – il libro racconta in un certo senso il riscatto di queste donne. In un’epoca in cui c’era la galera per l’adulterio, Evelina tradisce e dal tradimento viene la sua rinascita. Certo, Piero Chiara non si riconosceva nei personaggi femminili. Lui stesso viveva esperienze simili a quelle di Vanghetta, aveva sofferto di malattie veneree e in parte si riconosceva in quell’ambiente che osservava seduto al tavolo di un bar. Inoltre anche lui aveva fatto il cancelliere e conosceva i tribunali”. “Per me – aggiunge Eliana Miglio, qui nel ruolo di una prostituta d’alto bordo amica del Duce e di D’Annunzio – questo è un film sull’abuso di potere e credo che il mio personaggio sia quello di una cortigiana che usa il potere per schiacciare gli uomini, che odia, un Vanghetta al femminile”.
Grande lavoro per riscrivere il finale. “Nella sceneggiatura di Piero Chiara – racconta Base – in quelle ultime pagine si trovano infinite correzioni e addirittura risulta che Landriani fosse figlio illegittimo del Vanghetta. Noi abbiamo preferito lasciarlo più aperto, ma è l’unica licenza che ci siamo permessi, perché il film è molto fedele al romanzo, appena ripubblicato da Mondadori ed è piaciuto agli eredi”.
Costato 1.700.000 euro, prodotto da Lime Film con la Chichinscì di Sarah Maestri, insieme a Rai Cinema e Intesa San Paolo, Il pretore sarà distribuito da Mediaplex in 50 copie dal 3 aprile, dopo un’anteprima al Festival di Busto Arsizio. Intanto Giulio Base è già in rampa di lancio con un’altra pellicola per il cinema, Mio papà con Giorgio Pasotti e Donatella Finocchiaro oltre al piccolo Niccolò Calvagna. “Una storia rivoluzionaria che parla della paternità che nasce non dalla biologia ma dall’amore. Io ho una figlia che all’anagrafe non è mia, ma ci siamo scelti”.
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