‘Gloria!’, Sara Mafodda: “A 9 anni scrissi una lettera a Morricone”

Tra le protagoniste del debutto alla regia di Margherita Vicario, l'attrice ha raccontato a CinecittàNews l'incredibile avventura di 'Gloria!', dal set alla prima in Concorso a Berlino


Per il suo esordio alla regia, la cantautrice Margherita Vicario ha optato per una festa. Musica, vitalità, avventura e l’atmosfera da ritrovo tra amici. Sembra assurdo, per la complessità che richiede realizzare un film, ma a volte basta questo. L’energia. In Gloria! ce n’è molta, e attraverso lo schermo si adagia su tutto, dal montaggio al cast. Volti brillanti campeggiano in una storia corale che riesce a non dimenticare i suoi singoli componenti, invitati – perlopiù invitate – a prendersi carico di quell’energia che la Vicario sembra aver imposto. Sara Mafodda, classe 1997, tra le vivaci protagoniste di Gloria!, ne ha fatto tesoro. “Serve coraggio per fare le cose in maniera diversa, trovare strade alternative ed essere genuine”, racconta a CinecittàNews. Nel film, in sala dall’11 aprile 2024, è Prudenza, e con il violino in mano ha riattraversato i ricordi d’infanzia, quando piangeva ascoltando la musica classica e sognava che un giorno Morricone le rispondesse alla lettera scritta a 9 anni (ma mai davvero spedita). Da attrice, diplomata alla Silvio D’Amico di Roma, brama il rapporto umano, la presenza fisica del teatro, agognata resistenza alla virtualità dilagante. Una sfida che a volte riesce anche al cinema, almeno sul set, dove Mafodda racconta di aver vissuto una vera e propria avventura, tra piccoli hotel occupati con il gruppo di protagoniste e sfide musicali. Per il futuro, è ottimista, e dopo aver respirato coraggio e vitalità, anche al cinema, non ne può più fare a meno.

Foto di Azzurra Primavera

Iniziamo da Berlino, per te un battesimo di fuoco in Concorso. Che emozione è stata?

Berlino è stata un’esperienza magica. Abbiamo visto il film per la prima volta ed è stato qualcosa di inatteso. Con le altre ci guardavamo, ridevamo e intanto affioravano tutti i ricordi del set. Pianti, abbracci, insomma abbiamo fatto un casino. La sala era pienissima, è stato stupendo. Tante emozioni in una sola giornata e Margherita è stata bravissima. Poi ho rivisto il film a Roma e me lo sono gustato tutto, dalle musiche alla fotografia.

Quando l’hai visto la prima volta, lì a Berlino, ti è sembrato il film di cui mesi prima ti aveva parlato Margherita Vicario o alla fine ti ha sorpreso?

In parte sì. Due settimane prima dell’inizio delle riprese abbiamo fatto alcune prove con gli strumenti musicali, perché nessuna di noi sapeva suonarli e servivano per dei pezzi, e in quell’occasione Margherita ci fece un bellissimo racconto del film. Lei ha un’energia stupenda e l’adoro. Ci mandò una playlist di canzoni da ascoltare, alcune anche solo di ispirazione per delle scene o per dei personaggi. Quindi sì, un po’ era il film che ci eravamo immaginate, ma un po’ no, e sicuramente mi ha sorpresa in maniera positiva.

C’è una canzone di questa playlist a cui ti sei particolarmente legata mentre ti preparavi alle riprese?

Sì, You and Me dei Disclosure

Qual è il tuo rapporto con la musica? 

Sul set del film con il mio strumento producevo alcuni suoni davvero tremendi, per le orecchie di chiunque. Quello è stato difficile, ma siamo stati seguiti da un maestro, Domenico, che è stato molto bravo e ci ha seguito durante le riprese. Il mio rapporto con la musica però è molto personale. Sono una assidua ascoltatrice di musica e fin da piccola ho avuto un rapporto intenso con quest’arte. Da piccola suonavo il piano e mi commuovevo ascoltando la musica classica. A 9 anni ho voluto scrivere una lettera a Ennio Morricone, ma non mi ha mai risposto perché ovviamente non l’ho mai spedita davvero. Quando Margherita mi ha parlato del suo progetto, speravo di farne parte perché nella mia vita la musica ha un potere salvifico, apre immaginari incredibili in cui perdersi è bellissimo.

Il film propone la musica come strumento rivoluzionario, capace di ribaltare e farsi beffe del potere costituito. Se avessi dovuto scegliere tu un’arte con cui cambiare il mondo, avresti quindi scelto anche tu la musica?

Forse sì. Credo sia l’arte che in qualche modo ti tocca di più, ti entra dentro. Non la vedi, ma è potente. Anche il teatro però. Soprattutto oggi, in un’epoca di schermi, il teatro è qualcosa di unico. È un’offerta diversa, ti costringe a fare i conti con altre cose, tra cui il rapporto umano, e quello per me è l’essenza del teatro. Questa condivisione umana è molto importante, oggi più che mai.

E com’è stato il rapporto umano sul set invece?

È stato per fortuna molto bello. Noi cinque ragazze trascorrevamo quasi tutta la giornata insieme. Stavamo in un albergo dove c’erano solo cinque stanze e quindi eravamo solo noi a occuparlo tutto. Anche per la difficoltà che avevamo con i pezzi musicali, ci siamo aiutate tantissimo. In quasi tutte le scene in cui dovevamo suonare, quando una di noi finiva si rimaneva sul set per l’altra, per dare supporto morale, e questo è rarissimo. È stato meraviglioso. Anche con Elio, Natalino Balasso e Paolo Rossi è stato molto bello e davvero divertente. A un certo punto hanno persino vietato a Paolo Rossi di fare troppo il simpatico.

È il tuo secondo lungometraggio, cosa ti porti via da questa esperienza?

Di certo questo scambio umano e la vitalità che Margherita ha infuso all’interno del film. Margherita ha dato una freschezza sorprendente a tutto il progetto e mi porto dietro il suo coraggio, perché serve un coraggio così per trovare strade alternative che siano anche genuine.

Questo è un passo importante nella tua carriera da attrice. Cosa vedi ora davanti a te?

Sono molto fiduciosa e credo sia stato un progetto magnifico da tutti i punti di vista. Mi auguro di partecipare a lavori di questo tipo, pieni di voglia e desiderio, sia a teatro che al cinema.

Alessandro Cavaggioni
14 Aprile 2024

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