Quasi sempre c’è di mezzo la promozione di un film ma ogni volta si finisce dritti dritti nella lista dei momenti più imbarazzanti della storia del Festival. Le ospitate di star del cinema al Festival di Sanremo sono una sequenza a metà strada tra l’horror e le occasioni sprecate. Le colpe? Da suddividere tra scelte insensate, scarsa brillantezza di autori e presentatori e panico da Auditel.
Il quadro del disastro annunciato si completa se si aggiunge che le star del cinema arrivano al Festival senza sapere bene neanche dove si trovano ma ingolosite da cachet faraonici per stare un quarto d’ora su un palco a fare poco meno che ‘quellochemipare’.
La maledizione della star del cinema a Sanremo è iniziata non molto tempo fa, diciamo intorno alla fine del secolo scorso quando ci si convinse, senza alcuna prova a sostegno, della tesi che per aumentare gli ascolti del Festival ci volesse un superdivo internazionale del cinema: qualcuno giurava e spergiurava che solo così Sanremo avrebbe potuto allargare il suo pubblico e non fermarsi a quello interessato alla musica. Purtroppo però la matematica non ha mai funzionato per gli ascolti televisivi, tanto meno a Sanremo. Lo schema prevedeva trattative frenetiche avviate e chiuse in tutta fretta al rialzo a Festival iniziato, quando gli ascolti non decollavano e l’arrivo del divo appariva come l’unico ossigeno per salvare l’edizione in corso.
Uno dei primi protagonisti di questa serie di comparsate a metà strada tra il cringe e il disagio è Antonio Banderas: 2001, Raffaella Carrà alla conduzione, ascolti in caduta libera e necessità assoluta di una ciambella di salvataggio. Che Raffa cerca nella sua amata Spagna. Purtroppo Banderas, in cambio di un cachet che si aggira tra i 150 e i 200mila euro, non fa altro che rispondere a qualche domanda, strimpellare (male) qualche nota al pianoforte, accennare due passi di flamenco e intonare un duetto in spagnolo privo di emozione. Nulla di strano che l’apparizione del divo non abbia il minimo effetto positivo sugli ascolti.
Dimenticabili le ospitate di Rupert Everett (2004), Penelope Cruz (2007), Kevin Spacey (2009 quando canta Fly me to the moon), Vincent Cassel (2009), Jennifer Lopez (2010, a oggi il cachet più alto della storia del Festival per un ospite), Andy Garcia (2011).
Meglio, o peggio, concentrarsi su Sharon Stone, Hugh Grant e Dustin Hoffman. La performance di Sharon Stone nel 2003 viene ricordata per due motivi: lo scambio di romanticherie in diretta con Pippo Baudo che provoca un turbamento nel presentatore tanto che anni dopo confesserà di aver perso la testa per l’attrice di Basic Instinct con tanto di incontro notturno nella suite interrotto dall’arrivo di un ospite che rovinò l’incantesimo. L’altro motivo è la recita da parte della Stone, lunghissima e noiosissima, di una poesia ispirata alla Chiesa di Scientology, dal temibile titolo La desiderata, che scatena mille polemiche perché fare pubblicità alla setta dei vip di Hollywood a spese del contribuente non sembra proprio una grande idea. L’apparizione di Hugh Grant nel 2005 è ancora più imbarazzante: arriva poche ore prima dell’esibizione, non riesce a entrare in sintonia con il presentatore Paolo Bonolis che pure le prova tutte per creare qualche momento accettabile di spettacolo e gli fa trovare sul palco un tavolo da tè per una chiacchierata sui sex symbol, sulla lingua inglese, su Julia Roberts, sul calcio. Non funziona neanche l’ingresso delle due donne del festival, Antonella Clerici e Federica Felini, che provano una gag di seduzione del divo. Niente, venti interminabili minuti in cui l’attore di Quattro matrimoni e un funerale sfodera espressioni tra il disincantato, l’annoiato e lo stupito. Basti pensare che il giorno dopo Bonolis spiega che Grant ha rifiutato tutte le idee che gli aveva proposto e, riferendosi all’espressione sfoderata sul palco dall’attore, Bonolis regala una delle sue battute più memorabili: “Devo dire che ho avuto piccole avvisaglie di tassidermia”.
Il peggio, però, era accaduto l’anno prima con Dustin Hoffman, addirittura convinto a suon di cachet a rimanere per ben due serate consecutive con l’obiettivo di tenere alti gli ascolti di un’edizione particolarmente penalizzata. La prima sera il risultato è ‘non giudicabile’: Hoffman canticchia Quando quando quando, fa qualche battuta mal riuscita con Paola Cortellesi, si sottopone a un’algida gag sul Laureato con Gene Gnocchi e dice incomprensibili battute a Simona Ventura, presentatrice dell’edizione, e Tony Renis, direttore artistico. Un piccolo antipasto della sera successiva quando, stanco di seguire le indicazioni degli autori, il premio Oscar decide di improvvisare. Prima chiede alla Ventura di sposarlo perché vuole risparmiare pagando le tasse in Italia, poi inanella una serie di parolacce, insulti e volgarità in italiano senza alcun rispetto per presentatori, pubblico e persino per la malcapitata Stefania Sandrelli, chiamata dagli autori del Festival per ricordare l’atmosfera di Alfredo Alfredo in cui i due attori avevano recitato assieme 30 anni prima. Per interrompere una delle ospitate più imbarazzanti nella storia del Festival, alla Sandrelli non resta che trascinare Hoffman fuori dal palco rimproverandolo: “Vorrei vedere se avresti detto cose del genere agli Oscar….”.
Di fronte a tanti disastri c’è anche un’eccezione: Will Smith, ospite nel 2015 assieme a Margot Robbie per promuovere il film Focus niente è come sembra: Smith (foto) si mette al servizio dello show, duetta in modo brillante con Carlo Conti, dà esilaranti lezioni di rap e canta Nel blu dipinto di blu coinvolgendo il pubblico che lo applaude convinto.
Dal 2016, l’anno di una abbastanza inutile ospitata di Nicole Kidman, i divi internazionali del cinema a Sanremo non si sono più visti, complici il minor budget a disposizione, il Covid che ha impedito i viaggi internazionali e la decisione di Amadeus che, con una buona dose di saggezza, ha pensato finalmente che nulla aggiungessero all’atmosfera e agli ascolti del Festival.
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