Salma Hayek: “Così ho divorato il cuore del drago”

L'attrice messicana tra i protagonisti del film di Matteo Garrone in concorso a Cannes, accolto con entusiasmo dalla critica internazionale


CANNES – C’è un clima molto affettuoso attorno a Matteo Garrone, il primo dei tre italiani a scendere in gara al Festival di Cannes. Applausi in conferenza stampa e soprattutto calore dai suoi attori, un cast internazionale che colpisce anche per la bizzarria fisica dei volti e dei corpi. C’è la regina Salma Hayek, messicana all’apparenza altera che si scioglie e fa un piccolo show raccontando di quando ha dovuto mangiare il cuore sanguinolento del drago. “Disgustoso! Una cosa orribile, era veramente identico a un vero cuore con tutti i dettagli al loro posto. Mia figlia Valentina era lì sul set e mi guardava dal monitor, a un certo punto mi ha consigliato di sputare, tanto da dietro quell’enorme organo non si sarebbe visto niente”. 

Se Matteo Garrone ha il compito di spiegare ai giornalisti stranieri, numerosi e attenti, il senso di questa favola dark che ha conquistato anche critici molto severi come Peter Bradshaw che ha scritto su The Guardian: “Tale of Tales è favoloso in tutti i sensi”, i suoi attori ne tessono le lodi e i loro non sembrano discorsi di circostanza. “L’inglese – spiega il regista, che qui al festival ha già ottenuto due volte il Grand Prix con Gomorra e Reality – mette in luce la componente scespiriana di Giambattista Basile e serve a far arrivare il film a un pubblico più vasto”. Ma rassicura: “Abbiamo girato in Italia con una troupe italiana e senza tradire lo spirito del seicentesco Lo cunto de li cunti“. Oggi poi il film arriva al giudizio del pubblico. In Italia, dove esce in 400 sale con 01, e al Festival, dove stasera è prevista la proiezione ufficiale al Grand Theatre Lumière. 

John C. Reilly, il Re di Selvascura, disposto a tutto per soddisfare il selvaggio desiderio di maternità della consorte, racconta il metodo “istintivo” del regista italiano. “In un film così formale, così ricco di dettagli, era lui seguiva se stesso, fidandosi completamente, è una persona calda”. E aggiunge: “In Italia sul set non c’è separazione tra le persone come negli Usa dove tutto è irregimentato”. Racconta la giovane Bebe Cave, che è Viola nell’episodio La pulce: “La mattina non avevo idea di cosa avremmo girato, faceva paura ma era anche stimolante”. Per Toby Jones, nel ruolo di un re che trascura la figlia per allevare un piccolo insetto col suo sangue fino a farne una enorme creatura mutante, in Garrone colpisce l’originalità. “e c’è molto spazio per l’improvvisazione su quei set dove tutto sembra casuale e capita anche di giocare a pallone”. Vincent Cassel, il dissoluto e donnaiolo Re di Roccaforte che Garrone ha paragonato al Vittorio Gassman de L’armata Brancaleone, scherza “sembra sempre che si sia appena svegliato”. Per l’attore francese, ex di Monica Bellucci, quel set dove si mescolavano le lingue esprimeva quel modo di fare all’italiana che rende così affascinante il nostro cinema. E Salma Hayek sintetizza: “Matteo non cerca qualcosa di buono, ma qualcosa di suo, di unico”.

Garrone racconta che nel suo modo di lavorare l’attore deve mettere se stesso. E gli interpreti confermano. “Capisco bene la lotta per la libertà di un’adolescente che vive Viola”, spiega Bebe Cave. “Il conflitto della Regina è qualcosa di profondamente umano, come l’ossessione verso i figli, dalla voglia di maternità al non sapersi separare dalla prole, è qualcosa che molte donne, in Messico come in Libano e in Italia sperimentano”, aggiunge Salma Hayek. Mentre per Toby Jones l’iperrealismo della situazione non cancella ma semmai amplifica la complessità dei sentimenti di un padre che vede sua figlia crescere mentre lui invecchia e sente il prossimo distacco come come minaccia. “Tutti questi conflitti sono sintetizzati nell’immagine di uno che nutre una pulce con amore”. Cassel individua il lato moderno del racconto nella corsa forsennata dietro la bellezza e la giovinezza, anche quando non esiste più”. E Reilly si dichiara romantico: “Mi piace pensare che potrei uccidere un drago marino per amore se la mia donna me lo chiedesse”.

E’ ancora Salma Hayek, la Frida di Julie Taymor, a movimentare la conferenza stampa, spiegando che i costumi di Massimo Cantini Parrini erano autentici strumenti di tortura. “Pesavamo almeno cinquanta chili e nella scena del labirinto, dove indossavo un abito rosso di broccato, ho corso per 45 minuti. Poi Matteo ha detto di rifare la scena e alla fine ero così esausta che non riuscivo più a uscirne. Ho cercato di scavalcare il muro ma non potevo. Sono arrivati in tre a sollevarmi , mentre il costumista gridava di stare attenti al vestito e io mi sentivo svenire”. Ed è ancora lei a lanciare una riflessione – e un appello – sullo sguardo delle donne, uno dei temi di questo festival. “E’ un problema serio ovunque e specialmente in America. Ci sono poche sceneggiatrici e registe e sono poche le storie raccontate dal punto di vista femminile. Solo gli scrittori gay – con poche eccezioni, tra cui Matteo o Woody Allen – riescono a raccontare l’universo femminile. Ma se noi donne non abbiamo una voce forte nel mondo è un disastro per tutti, guardate come è ridotto il pianeta. Se le donne si esprimessero di più anche gli uomini potrebbero capirci meglio”.

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14 Maggio 2015

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