VENEZIA – Rupert Everett riceverà il Kinéo International Movie Award durante la tredicesima edizione del Premio Diamanti al Cinema, passerella di personaggi del cinema italiano – ma quest’anno oltre all’attore britannico c’è anche Nastassja Kinski – realizzata con il sostegno di Istituto Luce Cinecittà, del MiBACT, di Taormina, del Centro Sperimentale e di sponsor privati. E proprio a margine dell’evento l’abbiamo incontrato per parlare del suo nuovo progetto, il primo da regista. L’attore mitico per un paio di generazioni almeno – il suo è stato anche il volto Dylan Dog – visto l’ultima volta in un ruolo esilarante e come sempre impeccabile in Hysteria di Tania Wexler, nell’estate 2016 sarà sul set per dirigere sulla vita di Oscar Wilde prodotto, tra gli altri, dalla Palomar di Carlo degli Esposti con partner da Belgio, Germania e Inghilterra e il sostegno di Eurimages e del Fondo Bavarese FFF-Bayern. The happy prince sarà girato soprattutto a Napoli e si concentrerà sull’ultima tormentata fase della vita dello scrittore, quando, rilasciato dal carcere, venne in Italia, dove ritrovò l’amante “Bosie”. Nel cast ci saranno Colin Firth, Emily Watson e Tom Wilkinson.
Sono molti anni che lavora a questo progetto.
È stato molto difficile raccogliere i fondi, ci sono voluti cinque anni. Ma adesso siamo a buon punto, girerò l’anno prossimo e la Palomar che ha prodotto Il giovane favoloso di Mario Martone è un’ottima garanzia per me.
Perché Napoli?
Voglio mostrare una città di cui nessuno parla fuori dall’Italia, un luogo molto più affascinante della Roma de La grande bellezza. È una città incredibile oggi come lo era ai tempi di Oscar Wilde, nel 1899, quando vi soggiornò dopo il carcere. In quegli anni, di poco successivi all’unità d’Italia, è cominciata la distruzione di Napoli.
Da dove nasce la sua passione per Napoli?
È stata colpa di Oscar Wilde. Ho preso un appartamento a Posillipo, come aveva fatto lui, e ho cominciato a scoprire questa città e la sua storia. Una città che ha sempre pagato un prezzo altissimo e che mi fa pensare a Rio de Janeiro: Rio la conosco bene perché il mio compagno è brasiliano e ci sono molte affinità, sono mondi a parte, drammatici, in un certo senso pericolosi, in cui si vede tutto il terrore del mondo contemporaneo. Ma contengono anche molta bellezza… bellezza e decadenza. Non sarà facile mettere tutto questo in un film…
Perché ha scelto proprio questo periodo della vita di Wilde?
Perché tutti gli altri film sulla sua vita finiscono quando lui va in prigione, mentre per me è molto interessante il suo vagabondaggio successivo. Per me lui era un santo, era stato un Dio ed è finito nella miseria più nera. È stato la prima star moderna e io ne voglio raccontare la decadenza. Finirà in mezzo alla strada insieme ai criminali e alla gente più sordida… Una cosa molto romantica.
Wilde è stato emarginato e perseguitato per la sua omosessualità, una persecuzione che ancora oggi molti gay in varie parti del mondo subiscono.
La parola “omosessuale” non esisteva prima di Oscar Wilde, lui è stato l’inizio del movimento gay. Ho fatto uno spettacolo di teatro a Londra ed eravamo in scena la sera in cui il matrimonio gay è divenuto legale nel nostro paese ed è stata l’esperienza più strana e bella della mia vita: siamo passati nel corso di poco più di un secolo dalla prigione per omosessualità alle nozze gay. Ma poi non è questione di matrimonio, quello che conta è la parità di diritti. Del resto forse i gay ridaranno valore a questa istituzione perché tutti i miei amici eterosessuali sono divorziati.
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Il delegato generale della Settimana della Critica, a fine mandato, analizza lo stato di salute del nostro cinema in un'intervista al sito Quinlan. "Il cinema italiano è malato, malato di qualcosa che non lascia sviluppare quei talenti – che a questo punto non so nemmeno più se ci siano – che vogliono rischiare con dei film più coraggiosi. Penso che chi ha le idee si diriga verso altre forme, verso le web series ad esempio, e il cinema d’autore soffra un po’ dei soliti dilemmi". A breve il Sindacato nazionale critici cinematografici indicherà il nuovo delegato generale