Un regista francese innamorato del barocco italiano. È Eugène Green che sta girando a Roma, nel Chiostro del Bramante, alcune scene del suo film La Sapienza. Coproduzione italo-francese, che coinvolge al 50% Alessandro Borrelli (La Sarraz) e Martine De Clermont-Tonnerre (MACT Productions) con il contributo del MiBACT e in collaborazione con Rai Cinema. Dovevano esserci anche i fratelli Dardenne, ma all’ultimo momento hanno dovuto rinunciare per questioni di finanziamento. In Belgio, infatti, avevano già usufruito per quest’anno del credito d’imposta per il loro nuovo film Deux jours, un nuit, che molto probabilmente vedremo a Cannes, un dramma operaio interpretato da Marion Cotillard nel ruolo di una giovane donna che ha perso il lavoro e che passa l’intero fine settimana, due giorni e una notte appunto, a cercare di convincere il suo datore di lavoro a riassumerla e i suoi compagni a darle una mano. Nel ruolo di suo marito c’è Fabrizio Rongione, italiano nato in Belgio, che è anche il protagonista maschile del film di Green. Un attore molto amato dai Dardenne, a partire da Rosetta. “In Italia lavoro a intermittenza – ci racconta – dopo Rosetta, nei primi anni 2000, ho fatto 3 o 4 film qui, con Francesca Comencini ad esempio, ho girato Le parole di mio padre. Recentemente invece ho lavorato in Diaz di Vicari e a teatro con Marco Bellocchio nell’adattamento de I pugni in tasca. Ma, con la crisi, il cinema d’autore da voi è in calo e mentre in Francia e Belgio mi chiamano anche a fare commedie, qui non accade”.
Rongione, che considera il cinema di Green “organico, mistico, alla ricerca delle radici che abbiamo perso”, sottolinea anche il legame forte tra il cineasta francese e i due fratelli belgi, che avevano prodotto quello che forse è il suo film più noto, Le monde vivant, nel 2003. E qui il cerchio si chiude. Racconta Borrelli: “Ho incontrato Green durante la lavorazione di Sette opere di misericordia dei gemelli De Serio ed è stato naturale entrare in produzione per un progetto che si svolge tra Torino, Stresa e Roma con qualche scena a Parigi e in Svizzera, nella città natale di Francesco Borromini, Bissone. Come produttore cerco un cinema che privilegi lo stile, l’estetica, pur rivolgendosi a un pubblico ampio. Eugène ha un modo di lavorare particolare, che mette in discussione la finzione, ad esempio chiedendo agli attori di guardare in macchina. Mi rendo conto che lo spazio per il cinema di ricerca è sempre più ristretto, ma ci sono anche tanti produttori, giovani e meno giovani, che hanno la voglia di sperimentare e c’è un pubblico interessato a cose diverse. Questo film si adatta a forme inconsueta di distribuzione, per esempio il circuito dei musei, le installazioni, l’ambito universitario. Un autore francese che scopre un aspetto potente nella nostra cultura come il barocco, artisti come Borromini e Bernini, e che addirittura ha imparato l’italiano per meglio calarsi in questo progetto, non possono lasciarci indifferenti”.
Film-saggio La Sapienza ma non didascalico. “Ho evitato sia la biografia del grande architetto, che pure amo e studio da trent’anni, sia il documentario. Piuttosto racconto una vicenda anche d’amore ambientata al giorno d’oggi che parla di due coppie, un uomo e una donna, un fratello e una sorella”, dice Green, talmente ossessionato da questi temi da aver chiamato la sua compagnia teatrale Teatro della Sapienza non solo come omaggio al barocco, ma anche per il significato di questa parola, che va oltre quello di “un sapere che oggi viene venduto, comprato, quotato in borsa, ma non diventa mai saggezza”.
Il film racconta la storia di un architetto francese famoso in patria ma attraversato da una profonda crisi esistenziale e di coppia che decide di venire in Italia per riprendere il suo progetto di un libro su Borromini. Lo accompagna sua moglie (Christelle Prot) e i due a Stresa incontrano un fratello e una sorella (Ludovico Succio e Arianna Nastro). Il ragazzo vuole studiare architettura e lo accompagna a Roma per visitare una delle opere più straordinarie di Borromini, Sant’Ivo alla Sapienza.
“Ho studiato il barocco da un punto di vista personale – dice ancora Green, che è stato al centro di un omaggio al Festival di Torino nel 2011 – e l’ho messo in relazione con le difficoltà della nostra epoca a risolvere il conflitto tra spiritualità e materialismo. Un ossimoro che nell’età barocca riusciva a convivere anche per la loro capacità di non assolutizzare il valore della ragione. Quella era un’epoca di razionalismo ma anche di fede, un aspetto che ci può illuminare”. Nella foto Fabrizio Rongione e il giovanissimo Ludovico Succio alla sua prima esperienza.
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