Una gangster story italiana che fa gola anche al mercato anglosassone, contro ogni previsione. “Sembrava di andare a vendere frigoriferi agli eschimesi, invece alla Warner di Los Angeles hanno apprezzato”, racconta Riccardo Tozzi. Il produttore Cattleya è tra gli artefici di Romanzo criminale, uno dei film più attesi del 2005. In sala (distribuisce la Warner) dal 30 settembre in 300 copie, il racconto fluviale e romantico, scritto dalla premiata ditta Rulli & Petraglia, attinge a piene mani al bellissimo libro, ormai un classico, del magistrato-scrittore Giancarlo De Cataldo. Lo dirige Michele Placido, che per rifarsi dalla cocente delusione di Ovunque sei ha schivato Venezia (ufficialmente il film non era pronto) ed è apparso un po’ nervoso alla conferenza stampa, reagendo alle accuse arrivate da destra e da sinistra di scarsa correttezza politica “Di Un eroe borghese tutti parlarono male, Mery per sempre non ebbe neanche una candidatura ai David, a Venezia mi fischiate, ora mi criticate, ma sappiate che c’è sincerità in quello che faccio. E impegno. I miei maestri sono Rosi, Petri, Damiani e Bellocchio”.
In realtà Romanzo criminale, accolto complessivamente molto bene dagli spettatori di professione, unisce la vena virile e appassionata del cineasta pugliese, alla linea coraggiosa del cinema civile italiano così come i crimini della famigerata banda della Magliana s’intrecciano a vent’anni di trame e intrighi politici: il sequestro Moro, la strage di Bologna, i servizi deviati…
Ma in scena ci sono soprattutto e sempre loro: quei “bravi ragazzi” dell’estrema periferia romana che cominciano da piccoli rubando una Mercedes e finiscono a gestire lo spaccio dell’eroina in combutta con i siciliani e con angeli custodi insospettabili. Imperatori di Roma dai nomi pittoreschi: il Freddo, il Libanese, il Dandi. In scena un manipolo di attori tutti in palla: Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Riccardo Scamarcio più lo sbirro Stefano Accorsi. Defilate le due protagoniste femminili: l’affascinante puttana Anna Mouglalis, e l’angelica Jasmine Trinca, ignara di tutto.
Romanzo criminale ha obiettivi ambiziosi: col ritmo frenetico e la violenza esibita punta a scuotere spettatori giovanissimi, che amano il pulp ma non hanno mai sentito la lugubre telefonata di quando Moro fu ritrovato in via Caetani. “Il lato politico del film è persino più affinato e diretto rispetto al libro. Questo pezzo di storia d’Italia è stata una storia criminale”, commenta De Cataldo. Mentre Tozzi rivendica lo stile politicamente scorretto: “Quasi tutti i film politici italiani sono troppo ideologici o troppo didascalici. Qui finalmente si racconta in modo libero e spregiudicato. Con questo stesso stile si potrebbe rievocare anche Tangentopoli o la vicenda di Craxi”. Su Craxi amerebbe fare un film lo stesso Michele Placido, commosso dal lato umano dei suoi banditi. “La violenza in loro è sempre unita alla fragilità”, aggiunge Petraglia. Il film ce li restitutisce come pedine di giochi più grandi. Oltretutto sulla banda della Magliana, come si dice nei corridoi della questura romana, tanti poliziotti hanno fatto carriera. Compreso il commissario Scialoja di Stefano Accorsi, “un borghese piccolo piccolo dalla grande grande ambizione”. Salta fuori anche un riferimento al film di Daniele Costantini sugli stessi fatti. Placido l’ha visto. “Anzi, l’emozione di quel lavoro è stata decisiva”. Di qui anche la decisione di lavorare con i detenuti come direttore del Teatro di Tor Bella Monaca. Anche lì periferia romana.
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