Ormai è risaputo: sarà il Robin Hood di Ridley Scott, quinta collaborazione del regista con Russell Crowe (la prima fu Il Gladiatore, che valse l’Oscar all’attore australiano), ad aprire il prossimo 12 maggio il 63mo festival di Cannes.
Una storia che abbiamo sentito e visto molte volte, quella di “Robin dei boschi, che ruba ai ricchi per dare ai poveri” – consultando la banca dati del cinema ci sono 98 film, o telefilm dedicati all’antieroe di Nottingham – ma che stavolta sembra davvero poter offrire nuova linfa al mito grazie a un approccio radicalmente diverso dalle traduzioni romanzesche che abbiamo conosciuto in passato.
Non a caso, all’inizio il film doveva chiamarsi Nottingham e vedere Crowe nel duplice ruolo di Robin e del perfido sceriffo (fratelli separati alla nascita o medesima persona sotto diverse spoglie, non lo sapremo mai).
Tornato nei ranghi con un canovaccio più tradizionale, Scott assicura comunque sostanziali variazioni sul tema: “quello che abbiamo cercato di fare – dichiara il regista – è porre l’epica in un contesto storico più reale e accurato”. Dunque meno romanticismo e un Robin più violento, più ladro e decisamente meno gentiluomo. “Robin Hood è una leggenda, ma è una leggenda nata in un periodo storico ben preciso”, conclude il regista.
“Ho letto tonnellate di libri su Robin Hood – racconta l’interprete Russel Crowe – alcuni altamente intellettuali, altri solo divertenti. C’è un periodo di tempo di circa 300 anni in cui questa leggenda sembra essersi sviluppata. Di lui si è detto e scritto di tutto, storie agli opposti: Robin Hood è stato un pazzo che viveva nella foresta e tagliava la testa alle sue vittime, qualche volta anche le mani, ma anche il più gentiluomo dei fuorilegge”.
Chi fosse veramente Robin Hood non è dato saperlo, e Ridley Scott non ha la pretesa di fare chiarezza. “Il mio è un punto di vista, ma forse è un punto di vista più credibile di quelli raccontati finora”. “Credo che ci sia qualcosa di meraviglioso in una storia che dura per così tanto tempo – aggiunge ancora Crowe – La cosa che mi attrae personalmente, e che mi ha attratto sin da quando ero bambino è che, chiunque fosse, faceva qualcosa per qualcuno che non aveva la forza di agire per conto proprio.
Era un ragazzo che rubava. Ok, possiamo anche chiamarlo ladro, ma nello stesso tempo la metafora della sua avventura è fantastica e quello che spero di fare è di renderlo ancora una volta speciale”.
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