Roberto Baggio: l’uomo, il mito e il codino

Esce su Netflix il 26 maggio Il divin codino, biopic sulla vita del grande calciatore


Esce su Netflix il 26 maggio Il divin codino, biopic sulla vita di Roberto Baggio che, seguendone la carriera calcistica, celebra l’uomo oltre al mito. Partendo dagli esordi nelle fila del Lanerossi Vicenza e passando dal controverso calcio di rigore della Finale di Coppa del Mondo 1994 tra Italia-Brasile, il film ripercorre tutto il percorso, dal suo difficile debutto come professionista fino all’addio ai campi. Una carriera lunga 22 anni che, attraverso gli infortuni, il rapporto di amore-odio con i suoi tifosi, le incomprensioni con alcuni dei suoi allenatori e il rapporto con la sua famiglia, racconta i grandi successi sul campo di un calciatore fenomenale.

“Abbiamo scelto tre momenti come sineddoche della vita di Baggio – racconta la regista Letizia Lamartire – un uomo che insegue un destino e non lo ottiene, ma ottiene il suo vero destino, cioè diventare il calciatore italiano più amato di sempre. Man mano che rivedevo le partire acquisivo alcune immagini che sono diventate storiche, quindi abbiamo cercato di ricrearle adattandole al linguaggio cinematografico. Ad esempio per avvicinarci al materiale di repertorio abbiamo lavorato in Betamax e già questo ci dava una certa vicinanza al look dei tempi. Abbiamo scelto i momenti fondamentali della sua vita e della sua carriera, è stata una scelta, sapevamo che avremmo lasciato fuori delle dinamiche e degli eventi specifici”.

Dice la sceneggiatrice Ludovica Rampoldi: “E’ soprattutto la storia del suo rapporto con la maglia azzurra e con l’amore per essa. Partiamo dal rigore sbagliato. Nella sua biografia Baggio dice di non aver mai tirato in alto un rigore. Ci siamo chiesti ‘perché ha sbagliato proprio quello?’. Da lì è partita la storia”. “Baggio non è molto presente sui media e per questo è amato, non vende niente, ha una vita piena di salite e discese e infortuni e ripartenze, sembrava già scritta – aggiunge l’altro sceneggiatore Stefano Sardo – Proprio per quello era difficile scriverla. E’ il nuovo Maradona, tutti puntano su di lui e ha un incidente devastante che rischia di compromettergli la carriera prima di iniziare, è la storia non di un fuoriclasse ma di un continuo sacrificio, una storia struggente di qualcuno che paga tantissimo per onorare quel dono. E poi è un uomo a cui è capitato di realizzare il sogno da bambino, e proprio in quel contesto, di sbagliare il rigore. Come si vive una cosa del genere?”

Andrea Arcangeli è il protagonista: “Il ruolo ti ricopre di responsabilità – dice – come cento chili sulle spalle. Ti vien da dire che forse nessuno può fare Baggio. Ero il primo scettico, ma alla fine produttori e regista erano decisi e coinvolti emotivamente e mi sono lasciato trascinare. Mi sono aggrappato a Letizia e vice versa, sapevamo che dovevamo portare a casa qualcosa di bello, credibile, forte. Gli aspetti erano tanti: mettere su il fisico da calciatore, parlare con il giusto accento. C’erano dei paletti e all’interno di questi andava inserita una vita, ci voleva credibilità. Se mi fossi limitato ai paletti sarei stato un semplice imitatore. Ho cercato di metterci qualcosa di mio e di rubare qualcosa da Roberto, soprattutto per un aspetto. Lui stesso mi ha scaricato dalla responsabilità, mi ha detto ‘viviti la tua esperienza e basta. Porta a casa la tua occasione’. Al di là del risultato, conta il percorso. Ed è la storia della sua vita. La strada ho dovuto trovarla, forse non esiste. Sono partito da aspetti tecnici, poi facendolo ho capito che questo ruolo mi poteva dare molto di più, è un film fatto per il pubblico, ma per me sarebbe stato limitante fare solo un fan service. Dovevo vivere l’esperienza che rappresentava per me un’occasione unica. L’importante è sapere di aver fatto tutto quello che potevi fare, ed è una frase espressa da Baggio stesso. Su questo punto sono tranquillo.

Valentina Bellè interpreta Andreina, moglie di Roberto: “Un personaggio di cui si trova poco in giro, ma è stato affascinante entrare in contatto con il mondo attorno a Roberto e al suo nucleo familiare. Andreina non ha una maschera pubblica, anzi protegge la dimensione privata, e questo in qualche modo lo condividiamo”. Andrea Pennacchi è  papà Florindo: “E’ una scoperta, la parte del padre è scritta molto bene. Ho riconosciuto in certi aspetti anche mio padre ed è stato relativamente facile mettermi in relazione con Andrea e gli altri del cast, ed è stato tutto molto emozionante. Una cosa che mi succede raramente.

E in conferenza interviene naturalmente lo stesso Roberto Baggio: “Il mio rigore sbagliato non lo archivierò mai – commenta –  Me la porterò dentro per sempre. Era il sogno della mia vita calcistica e per come è finita non posso metterla da parte. Io ho dato il colpo finale a quella partita. Ognuno la vive alla sua maniera, io l’ho vissuta malissimo perché rincorrevo quella cosa da sempre. Arrivare lì dopo averlo sognato per milioni di notti, ma alla realtà non avevo mai pensato, al di là di tutti gli errori che si fanno nella vita questo non si può cancellare”. “Sono arrivato a Firenze e per due anni non ho giocato a causa dell’infortunio che mi è capitato – continua a raccontare seguendo il percorso del film –  Ma la gente mi aspettava e mi voleva bene anche se non avevo mai giocato. Questa cosa non l’ho mai dimenticata. Non dimentico il rapporto con tutti i tifosi con cui ho avuto un autentico rapporto affettivo. Nel film si taglia certamente qualcosa di quello che è stata la mia carriera, ma non per questo ho dimenticato l’affetto che ho avuto nei confronti di tutte le città e le tifoserie per cui ho giocato. Non pensavo che a qualcuno potesse interessare la mia vita e la mia storia, quasi mi vergognavo. Alla fine mi sono fatto trasportare e insieme a mia moglie semplicemente abbiamo dato tutto il supporto che potevamo cercando di raccontare in maniera semplice la nostra vita”. Si riflette anche sul suo rapporto con il buddhismo: “Per Karma mi ritrovo spesso a dover combattere quando mi avvicino a qualcosa che desidero. Ma all’inizio non avevo le armi giuste. Ho scoperto la pratica del buddismo e mi ha aperto un altro mondo. Oggi combatto con serenità, e poi arriva una fase in cui cominci a far tesoro con tutto quello che hai vissuto”. E il codino? “E’nato per gioco – dice – E’ successo durante i mondiali. C’era una cameriera in un hotel in America che aveva delle treccine stupende, e io volevo farle i complimenti. Lei mi disse: ‘falle anche tu’. Avevo i capelli lunghi e ricci, e mi fece le treccine. Ma per non sbattere i capelli negli occhi mentre correvo dovevo legarli con un elastico. L’origine del codino è semplicemente questa. Non avrei mai pensato che diventasse così iconico”.   Infine, sul presente: “Tornerei pure a giocare ma le ginocchia non mi seguono. Non vorrei che paragonassero un giovane a me. Ognuno ha le sue qualità, ci sono molti giocatori oggi che hanno bisogno di fiducia per tirare fuori le qualità. Nel film c’è molto del rapporto con mio padre, a una certa età non lo capivo, era sempre rigido, sembrava quasi un nemico, ma è stata la base che mi ha dato la possibilità di non mollare, non arrendermi e andare oltre, e gli sono molto grato. A volte non capiamo l’amore e la protezione che i nostri genitori ci danno. A volte ci litighiamo ma col tempo questi nodi si sciolgono, questo potrebbe essere di insegnamento”.

Il brano portante del film è composto e interpretato da Diodato.

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20 Maggio 2021

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