Quando nel 2009 Guy Ritchie uscì con la sua versione cinematografica di Sherlock Holmes, dove il detective fumava il sigaro, faceva uso di droghe e praticava le arti marziali, in molti rimasero sorpresi, pensando a uno stravolgimento del personaggio. In realtà, è l’esatto contrario.
Tutti questi elementi erano presenti nei romanzi di Sir Arthur Conan Doyle, papà letterario del detective di Baker Street, ma poi le riduzioni cinematografiche – di cui si ricordano, in particolare, quelle interpretate da Basil Rathbone – li hanno gradualmente eliminati, inserendone altri e modificando radicalmente il personaggio. Sherlock Holmes: gioco di ombre, sequel del film di Ritchie nuovamente interpretato da Robert Downey jr. e Jude Law (nei panni dell’amico di sempre, il dottor Watson), prosegue invece nel gioco della citazione filologicamente corretta, tirando in ballo nel finale addirittura lo scontro all’ultimo sangue tra Holmes e il malvagio Professor Moriarty, che chiudeva il romanzo ‘L’ultima avventura’, dove i due arci-nemici trovavano apparentemente la morte sotto una cascata.
E’ lo stesso Robert Downey jr. a rendersene conto: “Il successo dei nostri film – ha detto l’attore in occasione della presentazione del film a Roma – è tutto merito di Conan Doyle, che omaggiamo in continuazione. E’ stato un precursore, con i suoi racconti ha formato tutte le successive generazioni di supereroi e superspie, da Batman a Bond. Certi elementi legati a Holmes, come la mantellina, il cappello o la pipa, non esistevano nei libri, sono stati inseriti nelle produzioni cine-televisive”.
L’Holmes di Downey jr. è eccentrico ed eccessivo, e del resto lui ai personaggi “off limits” ci è abituato, essendo legato a un passato di dipendenze. Dopo il supereroe alcoolizzato di Iron Man, questo Sherlock che va avanti a foglie di coca e cicchetti di formaldeide pare proprio stargli a pennello. Nel film, distribuito da Warner dal 16 dicembre in 600 copie, l’attore ha l’occasione di mettere anche in mostra la sua abilità nel Wing Chung, una forma di kung fu, che lo avrebbe aiutato, come lui stesso afferma, a uscire dal brutto giro dei liquori e delle droghe. Ora aspetta anche un figlio da sua moglie Susan, coproduttrice del film.
La pellicola, ancor più frenetica e ritmata del primo capitolo – tanto che a volte rischia di confondere le idee – e sempre più venata da sprazzi di commedia, vede anche il ritorno di Rachel McAdams, la bella del primo episodio, ma soprattutto vanta new entry di grosso calibro come Stephen Fry, Noomi Rapace e Jared Harris, interprete di un mefistofelico supercriminale da antologia. E intanto si pensa al futuro: “Potremmo ampliare l’aspetto investigativo girando in altri Paesi europei”, dice Downey jr., e magari, chissà, faranno un salto anche qui da noi in Italia.
Holmes detiene un record in campo cinematografico: si tratta infatti del personaggio in assoluto più trasposto, per vie più o meno ufficiali. Il suo primo film, una parodia, risale addirittura al 1900 e si chiama Sherlock Holmes Baffled. Oltre poi alla celebre serie con Basil Rathbone, sono memorabili la sua apparizione televisiva nell’amato serial Le avventure di Sherlock Holmes e le due varianti anni ’80, Piramide di Paura e Senza Indizio. Nel primo, di Barry Levinson, si metteva in scena un’avventura giovanile di Holmes e Watson in realtà impossibile secondo il canone dei romanzi, dove i due si conoscono in età adulta. Nel secondo, interpretato da Michael Caine e Ben Kingsley, si immaginava invece che il vero genio fosse il dottor Watson, mentre Holmes era solo un ubriacone che interpretava il grande detective per permettere all’amico di scrivere libri di successo basati sulle sue avventure.
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