RIPLEY’S GAME


Ripley’s Game (evento speciale alla 59^ Mostra) è un film in qualche modo su commissione, ma per Liliana Cavani era naturale e persino inevitabile dirigerlo. Appassionata da sempre di Patricia Highsmith, che non considera una giallista ma una scrittrice tout court, ha aderito con entusiasmo alla proposta della produttrice americana Ileen Maisel, che aveva acquistato i diritti del romanzo – il terzo dove compare il personaggio di Tom Ripley – nel 1998. “Maisel, tra i miei lavori, aveva amato soprattutto Portiere di notte, un film che continua a interessare e appassionare gli spettatori anche a distanza di generazioni. Spesso incontro persone che mi confessano di essere state influenzate e cambiate dopo averlo visto”, racconta la regista, che torna al cinema dopo quasi dieci anni dall’ultimo film, Dove siete? Io sono qui. In mezzo ci sono state molte regie liriche e, soprattutto, l’esperienza ai vertici Rai.
In America è appena uscito un volume ponderoso di una studiosa di origine italiana che lavora all’Università di Princeton, Gaetana Marrone, intitolato Lo sguardo e il labirinto. “E’ una definizione del mio cinema in cui mi riconosco, perché credo di aver voluto raccontare da sempre il disagio interiore, una sorta di realismo dell’Io, insieme ai cineasti che considero parte di una Nouvelle Vague italiana, Marco Bellocchio e Bernardo Bertolucci”.
Erano i tempi del Centro sperimentale. Liliana, che veniva da Carpi, aveva studiato lettere antiche all’università di Bologna con l’intenzione di diventare archeologa. “Ma frequentavo i cineclub. Ero attratta, soprattutto, dai film di De Sica, Umberto D. e Napoli milionaria, che continuo a considerare i capolavori della storia del cinema. Ancora prima mia madre mi portava in sala di domenica pomeriggio. Ricordo La maschera di ferro, una vita di Beethoven. Capii allora che il cinema poteva raccontare tutto, anche i pensieri”.
La psiche nella sua ambiguità e il ribaltamento del rapporto vittima-carnefice sono temi ricorrenti del suo cinema. Un aspetto che torna anche nei giochi perversi di Ripley. Già portato al cinema da René Clement, Wim Wenders (L’amico americano) e di recente da Anthony Minghella (Il talento di Mr. Ripley). “Il mio Ripley, John Malkovich, è un uomo maturo che si è reinventato nei panni di un gentile e colto proprietario terriero, ma conserva qualcosa dello spirito libero e tagliente della sua giovinezza”.
Guarda anche la scheda del film

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01 Settembre 2002

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