Quale miglior data d’uscita il 19 marzo, festa del papà, per l’esordio alla regia di Riccardo Rossi, La prima volta (di mia figlia), commedia famigliare di cui è anche l’interprete principale e cosceneggiatore. “E’ terribile, sono pochi gli uomini che ci riescono, tutti gli altri piagnucolano lo stesso refrain: ‘la mia bambina tra le mani di quell’orco, no!’. Ecco, è questa la paura che voglio raccontare”, spiega l’attore e regista. E’ il terrore di perdere quella ‘piccola’, rimasta tale, anche se ormai donna, per il genitore possessivo, e di “affrontare, accettandolo, il fatto che sua figlia sarà di un altro, o meglio di altri, da oggi in poi per tutta la sua vita”.
Alberto (Riccardo Rossi) è un medico della mutua, metodico e ordinato, separato da dieci anni e totalmente dedito alla figlia 15enne, Bianca (Benedetta Gargari). La scoperta, leggendo di nascosto il diario di Bianca, che la sua ‘bambina’ sta per fare l’amore per la prima volta, lo getta nel panico completo. Per allontanare nel tempo la fatidica scelta o magari per aiutarla a gestire l’evento, il papà terrorizzato organizza una cena con la sua più cara amica Marina (Fabrizia Sacchi), ginecologa al consultorio, cena alla quale invitare la figlia. Ma al tavolo si aggiungono inaspettati: Giovanni (Stefano Fresi), l’inopportuno marito di Marina, e Irene (Anna Foglietta), una psicologa collega di Alberto che lui detesta, perché è il suo esatto contrario. Le cose dunque si complicano e la serata si trasforma in una imprevedibile terapia di gruppo che cambierà per sempre il rapporto tra padre e figlia.
Il film, prodotto da Ascent e Dean Film con Rai Cinema, è distribuito da Universal in 160 copie.
Come nasce l’idea di questo film?
Tre anni fa godevo di una pausa lavorativa e cercavo un soggetto cinematografico da poter proporre insieme agli sceneggiatori Chiara Barzini e Luca Infascelli. L’idea è arrivata in una di quelle mie cene settimanali con i vecchi compagni del liceo durante le quali si parla di come è andata la prima volta quando uno fa l’amore. Un argomento universale che poi conosceva un ulteriore passaggio con il racconto delle ansie dei genitori rispetto alla prima volta della figlia.
Lei non ha figli, ma immagina che cosa rappresenti per un padre la figlia?
Il vero grande amore un uomo non lo prova per la madre, la moglie, la partner, l’amante, ma solo per la figlia. Non dimentichiamoci che l’uomo è incapace a gestire i sentimenti e nel caso di una figlia vorrebbe averla sulle ginocchia come quand’era piccola anche se ora ha 30 anni.
Dice così perché si è documentato?
I padri per la propria figlia sbroccano tutti. Ho realizzato in giro per l’Italia delle interviste per la pagina Facebook del film e i padri evidenziano difficoltà ad affrontare questo tema. Il motivo? Semplice, perché l’uomo sa quanto il maschio è bestia. Penso ai commenti di un gruppo di amici quando passa una bella ragazza.
Il film ha tutte le caratteristiche di una pièce.
Volevo un film di parola, perciò la scelta di un evidente impianto teatrale per la vicenda narrata. E non poteva mancare in questa scelta stilistica la tavola dove la famiglia italiana è protagonista di scontri e incontri. E’ il luogo ideale dove tirare fuori tutto il proprio vissuto e le esperienze. E poi avevo in mente il film Broadway Danny Rose di Woody Allen, con quel tavolo intorno al quale colleghi e amici ricordano gli episodi della vita del loro impresario teatrale.
Il film potrebbe avere una versione teatrale?
Forse, anche se sono abituato a mettere in scena solo monologhi. Insomma me la suono e me la canto, avendo come unico riferimento il pubblico.
E la decisione di dirigerlo?
Una volta scritto il testo ci siamo chiesti chi lo potesse dirigere. Mi sono fatto avanti e Paolo Del Bocco, AD di Rai Cinema, ha dato l’ok. Abbiamo girato in 4 settimane e mezzo. Ho scommesso su cast, musica classica, e i costumi di Genmma Mascagni per rievocaregli anni ’80 e ’90.
Difficoltà incontrate per questo suo esordio nella regia?
Nessuna, tutto è stato molto facile, innanzitutto grazie a un cast da me voluto e scelto in base ai meriti. Sono un assiduo spettatore di cinema e avevo avuto modo di apprezzare Anna Foglietta in Nessuno mi può giudicare del cui cast ho fatto parte, Stefano Fresi in Smetto quando voglio e Fabrizia Sacchi in Viaggio sola.
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