Rasputin: futuro Nero


“E’ un ponte tra il cinema tradizionale di narrazione, il docu-dramma e l’arte visiva”. Così il regista Louis Nero definisce Rasputin, sua ultima opera in uscita l’8 aprile con L’AltroFilm, con 20 copie scaglionate.
La figura centrale, lo si capisce già dal titolo, è quella del misterioso “santo demonio” russo, tra i personaggi più enigmatici e controversi del XX secolo, contadino divenuto consigliere dell’ultimo zar Nicola II grazie ai suoi presunti poteri taumaturgici e alle sue premonizioni.

Ma non è esattamente un biopic né un prodotto facile da digerire. Più che di fronte a un film, in effetti, sembra di trovarsi di fronte a una moderna versione dei ‘tableaux vivants’, dove personaggi fantasmatici appaiono e scompaiono rivolgendosi spesso allo spettatore, con voci effettate la cui eco varia a seconda di quanto il ricordo che rappresentano sia lontano nel tempo.

 

“E’ ambientato agli inizi del secolo scorso – dice il regista – ma in realtà, è come se guardassimo la storia dal presente attraverso una porta che ci conduce al passato. Mi sono ovviamente ispirato molto alla pittura russa e in particolare alle icone, ma anche a Rembrandt o a Caravaggio, con una forte attenzione alla ricerca estetica. Registicamente sono influenzato da Greenaway, ma ci aggiungo l’aspetto narrativo, che mi serve per rivedere questa figura storica che nei film hollywoodiani, come Hellboy, ricopre sempre e solo il ruolo del cattivo. Rasputin è invece il protagonista di una ricerca interiore, attraverso le classiche tecniche mistiche di privazione-abuso della sensorialità umana: dal sesso, al cibo, alle flagellazioni. Segue anche un percorso simbolicamente cristologico, anche se certamente non parliamo del Cristo della tradizione cattolica”.

Naturalmente il film, così particolare, diventa l’occasione per parlare di molto altro: filosofia (Nero sta conseguendo la laurea in Teoretica), alchimia, satanismo, occultismo. E anche dell’attuale situazione del cinema italiano. Ci riflette l’omonimo del regista, l’attore Franco Nero, che qui compare in veste di voce narrante: “Si parla tanto di rinascita del cinema italiano – dice fermamente – ma non sono d’accordo. I film che hanno incassato negli ultimi anni sono tutte commedie, e questo rende la strada difficile per chi, come in questo caso, voglia fare qualcosa di diverso. Se il film non fa ridere, nessuno lo vuole distribuire. Domina la tv: non si fa più nulla senza i diritti d’antenna, e anche le figure dei produttori sono state sostituite da funzionari che pensano solo a come funzionerà il film in una determinata fascia oraria, impedendo così l’espressione dell’artista. Per fortuna c’è l’estero: in America, dove sono abituati a vedere film dove le inquadrature variano ogni mezzo secondo, il pubblico ama vedere qualcosa di diverso, contemplare ogni tanto la bellezza di un’immagine fissa. Io non ho problemi, lavoro in tutto il mondo, ma mi dispiace per i cineasti italiani, per questo mi piace aiutare il cinema indipendente e di qualità”.

Rasputin è stato girato in gran parte in Piemonte, con qualche piccola parentesi a San Pietroburgo, vede l’intensa partecipazione di Francesco Cabras nei panni del monaco guaritore: “Si tratta di un film concettuale – dice l’attore – e ho cercato di rispettarne appunto il concetto e lo schema di base, che era molto chiaro. Ho usato la tecnica del ‘togliere’, mi sono fatto ectoplasmatico, sfuggente, esattamente come un’icona. E’ anche un film sul potere, non solo politico. Rasputin usa il peccato per combattere il peccato stesso. Si comporta in maniera libertina, poi si affranca dal sesso e dagli eccessi, ma continua a rappresentarli perché li usa come strumenti conoscitivi”. Al suo fianco, tra gli altri, Daniele Savoca, nei panni del principe Felikis Jusupov.

autore
07 Aprile 2011

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