Ralph spacca tutto, pure il botteghino


Grande esordio al botteghino Usa per Ralph Spaccatutto, il film d’animazione Disney che sarà in sala dal 20 dicembre, in cui un cattivo dei videogiochi anni ’80, stufo del suo ruolo, si trova a vestire gli improvvisati panni dell’eroe. Presentato in anteprima ad Alice nella Città , la kermesse per ragazzi parallela al Festival di Roma, il film ha avuto in patria un opening straordinario con 150 milioni di dollari.

Non si tratta del primo film sui videogiochi: lo hanno preceduto Tron e il suo sequel Tron Legacy, alcune pellicole a tema come War Games e un’infinità di porting dal media videoludico alla celluloide che però, il più delle volte, hanno deluso le aspettative. Si tratta però del primo film in cui il videogioco prende coscienza di sé stesso come ambiente culturale, guadagnando quel distacco che permette al media, finalmente, di vedersi, dall’esterno, con la necessaria punta d’ironia. E anche se, dopo i primi 20 esplosivi minuti, pieni di chicche e citazioni, la pellicola si appoggia narrativamente sui più classici canovacci della fiaba Disney, resta comunque un must imperdibile per chi è cresciuto negli anni ’80 dilapidando somme ingenti in gettoni per giocare a Pac-Man o a Space Invaders.

 

A parlarcene sono il regista Rich Moore e il produttore Clark Spencer, mentre la produzione esecutiva è del mastermind di casa Disney-Pixar John Lasseter. “Sono cresciuto con un grande amore per l’intrattenimento elettronico racconta il regista e in particolare per gli arcade nelle sale: credo di aver finanziato alcuni dei videogiochi più famosi con tutti i soldi che ci ho speso! Mi piacevano in particolare Pong, Pac-Man, Dig-dug e Donkey Kong, adoravo quei piccoli personaggi e l’idea di poter controllare qualcosa sulla tv era per me una sorta di magia, ho sviluppato una specie di dipendenza. Poi, quando i videogiochi sono entrati nelle case, con le console, ho potuto trasmettere la passione ai miei figli. Tra i più recenti mi sono invece appassionato alla serie Halo e a Mario Kart“.

 

Campione del product placamento intelligente, il film vede l’apparizione dei più celebri personaggi dei videogame, da Pac-Man ai suoi nemici fantasmini, al nerboruto Zangief di Street Fighter, doppiato in italiano dal rugbista Sergio Parisse. Nel cast delle voci italiane anche Paolo Virzì, nel ruolo dela palletta Aspro Bill. I due parteciperanno al red carpet a tema natalizio, con tanto di neve, regali e palloni rossi. “Quando siamo stati all’E3, la più celebre convention di videogiochi Usa, per presentare il progetto racconta il produttore la maggior parte delle case produttrici si sono dimostrate entusiaste, pensando che avere più personaggi nello stesso film giovasse a tutti, un po’ come è stato per Roger Rabbit e Toy Story. Gli unici problemi li abbiamo avuti nei casi in cui lo stesso personaggio era legato a più compagnie, il che ha creato dei conflitti. Logicamente noi andavamo avanti comunque, seguendo il nostro programma di produzione”.

 

Ma c’è un grande assente, il celebre Super Mario di Nintendo, a favore invece del suo arcinemico Bowser. “E’ stata la stessa Nintendo a proporci il ‘cattivo’ perché si prestava benissimo a comparire nel gruppo di ‘villain anonimi’ che compare nel film – continua Spencer –  Mario, semplicemente, non siamo riusciti a integrarlo nella trama. Ma forse lo faremo in futuro. Qualcuno a Los Angeles sta già pensando a dei corti ispirati al film”. E dato che buona parte della pellicola si ambienta in un gioco ad ambientazione dolciaria, molti sono anche i marchi di snack e merendine che fanno la loro breve ma incisiva comparsa: “Il bello – racconta il regista – è che quando fai ricerca questi prodotti li devi provare, e con i dolci è decisamente piacevole perché bisogna mangiarli. Cosa che non puoi fare con i quadri di Michelangelo. I miei preferiti sono le barrette Milky Way“.
Sicuramente, la similitudine con Toy Story è forte: “Per me questo è un complimento – risponde Moore tranquillamente – l’idea iniziale è quella. Prendere dei personaggi inanimati e immaginare per loro una vita. La mia chiave è stata estendere il loro universo oltre a ciò che di loro era già noto. Mi sono chiesto anche se le nuove generazioni di ragazzi, che magari non hanno mai giocato ai classici, si sarebbero riconosciuti in tutti quei personaggi anni ’80. Ma poi ho pensato a me da bambino: anche se non avevo mai visto recitare Stanlio e Ollio a teatro ero perfettamente cosciente di chi fossero e del loro ruolo nella comicità di quegli anni. Ho chiesto a mio figlio: ‘conosci Pac-Man?’ E lui: ‘Certo, lo conosco molto bene’. Sono icone che i ragazzi hanno acquisti attraverso i cartoon, i libri, la tv, così mi sono rassicurato. Sono stato attento solo a mantenere il loro lato umano, le emozioni. Volevo una storia che non escludesse la fascia di pubblico che non usa abitualmente i videogiochi. Non volevo realizzare un film su un gioco unico ma rendere l’idea di molti universi che convivono in un film. In genere i film tratti dai videogiochi non riescono granché, perché si prendono troppo sul serio, mentre per raccontare una storia umana ed emozionante ci vogliono umorismo e ironia”.

“Per questo – aggiunge il produttore – abbiamo realizzato il film 7 volte in 18 mesi. Lo abbiamo smontato e rimontato con l’aiuto di molte menti creative, cosicché ognuno potesse dare il suo contributo e rendere il prodotto appetibile per varie fasce di pubblico. E’ lo stile di John Lasseter: lasciare gli autori liberi e mettere sempre la storia e il cuore prima del commercio, perché altrimenti il pubblico magari andrà in sala perché c’è il marchio Disney, ma poi resterà deluso”. La figura peggiore, nella pellicola, la fa il personaggio di Q*Bert, piccolo alieno protagonista di uno dei primi videogame mai usciti. Perché proprio lui? “Per il suo sguardo triste che ispira subito compassione – conclude Moore –  ma anche e soprattutto perché la sua è stata l’unica compagnia che ci ha permesso di usare un personaggio in quel modo, dopo che li abbiamo praticamente pregati in ginocchio”.

autore
12 Novembre 2012

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