TORINO. La scrittura de Lo scambio, secondo film in concorso a Torino 33 diretto da Salvo Cuccia, è avvenuta in un primo tempo con l’apporto del magistrato Alfonso Sabella che, non solo era testimone diretto, ma è stato anche nel pool antimafia di Gian Carlo Caselli e quindi ha diretto personalmente molti arresti di personaggi eccellenti. “Sabella è la fonte delle storie che hanno ispirato il film e vengono tutte da processi con sentenze passate in giudicato e condanne all’ergastolo. Da lì, da quei fatti accaduti a Palermo a metà degli anni ’90, a passare al cinema ci abbiamo pensato tutti noi”, dice il regista Cuccia
Lo scambio deve questo titolo alla vicenda, citata nel film, di tre ragazzi uccisi dalla mafia di cui due con assoluta certezza non avevano a che fare con la criminalità. L’opera, prodotta da Abra&Cadabra in collaborazione con Rai Cinema, si svolge nell’arco di una giornata a Palermo e ha per protagonista una coppia. Non hanno nome: lei è una 40enne angosciata dalla mancata maternità e dal pensiero di un bambino rapito dalla mafia; lui è un commissario di polizia che dice di amarla ma è assorbito dal suo lavoro. Accompagnato come sempre dal fidato giovane autista, il commissario spera di far parlare, anche ricorrendo a minacce e pestaggio, un giovane da poco arrestato che conosceva i due ragazzi uccisi per errore quel giorno al mercato della città. E intanto quella normalità gelida e asettica progressivamente frana, gli eventi precipitano, coinvolgendo vittime e carnefici, mafiosi e poliziotti, e nessuno alla fine è immune da cause ed effetti. Forse dopo tanto dolore e violenza, mentre comincia un nuovo giorno, un barlume di speranza viene da un piccolo gesto umano del giovane autista (Paolo Briguglia).
“Le storie vere contenevano già una drammaturgia e un senso compiuto come storie morali, fatte di cause ed effetti. Ci tenevo a raccontare dei fatti realmente accaduti estrapolandoli dalla cronaca e a trasporli in una dimensione di finzione, di dramma – spiega l’autore – La realtà ci ha suggerito questa sua trasfigurazione in un film e i personaggi hanno perso anche i loro nomi: nessuno chiama nessuno per nome in una sorta di estremizzazione dell’omertà”.
Inoltre essi non hanno nome anche perché diventano protagonisti di una tragedia, che può essere riproposta in un’altra parte del mondo, in altri tempi, in un’altra lingua che non sia il palermitano o l’italiano.
A Cuccia non interessa fare una cronaca mafiosa, ma rendere l’idea di quanto accaduto attraverso l’interiorità dei personaggi, in particolare la coppia protagonista, sui quali influiscono le vicende del tempo. “L’importante era riportare quell’atmosfera, quella densità che va oltre la concatenazione dei fatti. Gli eventi ci hanno offerto una drammaturgia già esistente e da lì siamo partiti lavorando tutti in sottrazione”.
Non c’è mai stata una ricerca filologica, quanto alla coppia in scena, “lei è una donna che ama il marito in modo viscerale e soffre della mancanza di figli. E’ religiosa e crede che Dio li stia punendo per la loro vita. Una donna sfaccettata: depressa, forte ma implosa, e che si porta dentro dei fantasmi”, dice del suo personaggio Barbara Tabita. “Lui è un uomo granitico, assolutamente non in ascolto né della vita privata né del fuori, paranoico – spiega Filippo Luna – solo nel vivo del suo dolore diventa per un attimo umano, ma resta il mostro quale è”. Alla fine entrambi i personaggi sono prigionieri della loro malvagità e umanità negata.
I punti di riferimento per questo film che il regista, tra il serio e l’ironico, definisce freddo e nordico sono “Cronenberg, Lynch, Kubrick, il cinema d’invenzione puro”. Quanto al finale, una luce nel buio più totale, è sempre stato quello fin dall’inizio anche perché è realmente accaduto, e se per lo spettatore è segnato da ambiguità, va bene lo stesso perché fa parte della percezione della realtà stessa.
Dai 26.900 del 2014 si è passa ai 29.700 del 2015, gli incassi da 254.369 € a 264.882, ciò per effetto del maggior numero di ingressi a prezzo ridotto per giovani al di sotto dei 26 anni e delle numerose convenzioni
Il regista danese ha accompagnato al TFF la proiezione di Terrore nello spazio nella versione restaurata: “E’ un modello di cultura pop. Questo film di grande artigianato ha in sé molti approcci stilistici del film di fantascienza e ha superato la prova del tempo. Design, costumi, scenografia risultano efficaci al pari di quelli di titoli come Blade Runner e 2001 Odissea nello spazio. Ma c’è un altro film sottovalutato che andrebbe restaurato Città violenta di Sergio Sollima, con Charles Bronson”. Silenzio assoluto sul nuovo film The Neon Demon e sul progetto tv Les Italiens
A La patota di Santiago Mitre vanno il Premio Speciale della giuria e il Premio per la Miglior attrice a Dolores Fonzi; il Premio per il Miglior attore a Karim Leklou per Coup de chaud, film di Raphaël Jacoulot che conquista anche il Premio del pubblico. Premio per la Miglior sceneggiatura ex-aequo a A Simple Goodbye di Degena Yun e a Sopladora de hojas di Alejandro Iglesias Mendizábal. A Italiana.doc premiati Il solengo di Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis e La gente resta di Maria Tilli. Premio Fipresci a Les loups di Sophie Deraspe e Premio Cipputi a Il successore di Mattia Epifani
Conferenza stampa di chiusura veloce e senza polemiche. Paolo Damilano, presidente del Museo nazionale del cinema, si dichiara molto soddisfatto e ricorda che "Valerio Mastandrea, presidente della Giuria, si è stupito quanto il nostro festival sia frequentato e seguito dal pubblico". La direttrice Emanuela Martini incassa il sostegno dei vertici del Museo del Cinema e si dichiara disponibile rispetto al programma cioè “a tagliare al massimo 20, 30 titoli” e anticipa l’idea di replicare il prossimo anno la maratona cinematografica di sabato.
I Premi collaterali
Dustur di Marco Santarelli premiato due volte