Dopo l’anteprima ad Alice nella città, arriva su Amazon Prime il primo lungometraggio del regista Davide Cosco Psychedelic, opera che fin dal titolo rivendica una qualità visionaria, delirante e astratta delle immagini, un viaggio lisergico e sognante dentro la mente dei personaggi, uno scompaginare i ritmi e i tempi. Compongono il cast Massimiliano Rossi, Yari Gugliucci, Giuseppe Amelio, Ksenija Martinovic, Piero De Silva, Aida Flix, Antonella Bavaro, Anna Malvica, Roberto Bocchi, Brixhilda Shqalsi, Gaspare Di Stefano, con le partecipazioni eccellenti di Alessandro Haber e del compianto Flavio Bucci, scomparso a febbraio dello scorso anno.
Psychedelic è la storia di Paul, un attore in crisi, lasciato dalla moglie, contestato dal figlio, stanco di una vita dalla quale non trova risposte, a cui cerca più volte di porre fine, nel grottesco tentativo di dare a tutti i costi un finale alla sua opera teatrale incompiuta.
Paul, asserragliato nella sua casa illuminata da un grande acquario, ha continue visioni psichedeliche che attraversano tutto il film. E’ accompagnato nel suo viaggio esistenziale da Mario, l’amico produttore teatrale; da Ernesto, suo figlio, un giovane sassofonista ribelle che frequenta una chiesa aperta agli ultimi, guidata da un prete donna. A distanza si muove la vita del padre di Paul e nonno di Ernesto, Francesco, gravemente malato, che si è ritirato in una vecchia casa sul mare. Francesco non parla più con nessuno, se non attraverso i messaggi vocali lasciati a suo nipote che sono una sorta di suo testamento. Tutti, in modo differente, cercano di tenere unite queste esistenze frammentate, spingendosi verso una dimensione immaginaria, verso un altrove.
Un film fieramente sperimentale, dunque, che ha avuto un percorso produttivo complesso e faticoso. “Psychedelic – spiega il regista – è un racconto di finzione, che narra di fatti verosimili o inventati, in un’epoca contemporanea. Nella costruzione di una caleidoscopica costellazione di personaggi, intende tratteggiare, per sconfinamenti e simbolismi, un possibile viaggio che la nostra immaginazione può compiere. Psychedelic, dal greco psykhé (anima) e dêlos (chiaro), vuole avvicinare le esperienze materiali e immateriali che generazioni differenti hanno modo di compiere, attraverso un allargamento della propria coscienza e del proprio spirito, provando così a raccontare un carillon di anime antiche e nuove al contempo”.
Importante metafora quella della chiesa, “grande madre, luogo-non luogo dove confluiscono molti sentimenti. E’ una chiesa aperta ai diversi, ai dimenticati, poveri e diseredati, quelli che quando camminano sopra tappeti sfarzosi hanno il maldestro imbarazzo di chi ha le scarpe sporche. In questa chiesa, si può mangiare un piatto caldo, ci si può scaldare con una coperta, si può ballare un valzer o accogliere altri punti di vista religiosi, si può perfino giocare a un videogame per trovare la sfera celeste. Una chiesa dal respiro nuovo, secolarizzata, ecumenica, dal retrogusto laico, decadente ma non decaduta, dove si ascoltano le scritture e si provano a tramutare nella complessa caducità delle cose”.
E prosegue: “Il film prova a pensare i vuoti. Le assenze. I rumori bianchi. Prova soprattutto a mettersi in ricerca con modalità matte e disperatissime, come di chi vuole vedere il mare per la prima volta. Spero che il film porti sempre con sé il profumo e i colori che lo hanno caratterizzato, anche di chi purtroppo ci ha lasciati come Flavio Bucci, magnifico eroe di una recitazione inzuppata di sacro e profano”.
E sulle musiche di Frank Fogliano: “Sono nate dal suo sconfinato talento e dalla sua sensibilità, frammento su frammento. I brani musicali utilizzati, il sound design, le basse frequenze, le distese di effetti che permeano il film, cercano di amplificare il viaggio psichedelico. Il gruppo musicale giapponese Jack or Jive nel solco della ricerca, gli XHU nelle sperimentazioni creative, Alio Die nella sua solenne interiorità che conduce dentro un universo musicale unico e magico, offrono un contributo di rara preziosità”.
Cosco rivela: “Nel fare il film mi hanno aiutato molto la meditazione e la trascendenza. Tutto questo i personaggi provano a farlo nel proprio io. Durante le riprese ho tenuto a riempire anche i cassetti che tutti sapevamo non sarebbero mai stati aperti. Le cose non si sbandierano, accadono tante volte nel silenzio. Non sono arrivato a conclusioni o equazioni della materia. Non ci sono sentenze sui massimi sistemi, anzi ci si conforta con la piccolezza di tanti puntini sparsi nell’etere. Semplicemente ho compreso che ciascuno ha da offrire qualcosa, che non possiamo soffermarci reiteratamente sui nostri bisogni primordiali. Importanti e da salvaguardare, ma che in un momento storico delicato, occorre spingersi dove comincia il lontano. Perché la fine è qualcosa che non finisce. Tutto ricomincia. Psychedelicamente”.
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