Sala stretta e lunga, gremita di produttori, autori, artisti, assente il ministro dei Beni culturali Giuliano Urbani. La sala è quella che ha ospitato il convegno “Proposte per nuove forme di sostegno all’impresa audiovisiva”, promosso e organizzato da Anica e Fida in collaborazione con “Il Sole 24 Ore”. Tutti con la medesima domanda: come si comporterà la nuova maggioranza di governo nei confronti del cinema?
Con il fiato sospeso soprattutto i produttori, Fulvio Lucisano in testa, presidente uscente dell’Anica, a chiedere che si riorganizzi la legge sul cinema sgombrandola di inutili leggine, decreti o quant’altro.
Il fine? Quello di ridefinire, una volta per tutte, il rapporto tra cinema e televisione e di porsi l’obiettivo, attraverso una forma di tax-shelter, di incentivare i finanziamenti privati a favore della produzione. In alcuni casi le richieste si sono rivelate più che specialistiche. Come quella di Riccardo Tozzi, coordinatore della Fida, che ha invocato la tax-shelter, ma rivista all’italiana, ossia che dovrebbe ispirarsi all’inizio al modello tedesco, per poi trasformarsi e quindi copiare il modulo canadese. Un po’ di sgomento tra gli astanti, soprattutto quelli non particolarmente ferrati in materia. Ma la strada indicata da Tozzi sembra in grado di correggere le storture che questo sistema di finanziamento ha prodotto in altri paesi.
Quindi gli interventi degli altri produttori, tra cui quello di Aurelio De Laurentiis che si è presentato con una battuta brillante: “Io sono un prenditore, più che un imprenditore, mi mancano solo due lettere la i e la m. Prendo le briciole che restano del mercato, quello hollywoodiano, s’intende”.
Ed è proprio il mercato americano una delle maggiori preoccupazioni per l’industria del cinema italiano: anche se, tra Moretti, Soldini e Muccino, sembra proprio che sia finalmente arrivata la tanta agognata ripresa del settore.
Una nuova strategia imprenditoriale è venuta da Emmanuel Goût, presidente di Tele+, che ha proposto: una sapiente combinazione di passione e pragmatismo, dove i progetti guardano alla globalizzazione, ma sanno anche sfruttare con intelligenza i fenomeni di localizzazione culturale della produzione europea.
Ma è stata anche una mattinata colorita di metafore: gabbie, legami, lacci, cordoni ombelicali, rami secchi da tagliare. Oggetto di tante immagini retoriche è stata per lo più la Rai, attaccata un po’ da tutte le parti, colpevole, secondo Giancarlo Sodano, presidente della Unidim, di agire a seconda delle convenienze, di volta in volta da ente pubblico o da società privata. Sodano l’ha addirittura definita una mostruosità giuridica. Beppe Attene, invece, si è espresso in termini storici: “La Rai è un Impero dove non tramonta mai il sole”.
Le conclusioni sono state affidate a Publio Fiori (vicepresidente della Camera dei Deputati): “Bisogna ritornare a un cinema impegnato, basta con la logica del Grande Fratello. Giorni fa ho rivisto per l’ennesima volta Una vita difficile e mi sono chiesto perché non si torni a immaginare opere impegnate e belle nello stesso tempo”.
Tra gli altri si aggirava anche Citto Maselli che si domandava se alle parole sarebbero seguiti i fatti.
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