Venduto in 35 paesi, in Israele non ha ancora una distribuzione (ma ne sta nascendo una apposta per lui) Private di Saverio Costanzo. Un film che è già un caso: italiano ma recitato in arabo, inglese ed ebraico e interpretato da bravissimi attori israeliani e palestinesi; girato a Riace in Calabria come se fossimo nei Territori Occupati; doppiamente premiato al Festival di Locarno (col Pardo d’oro e col premio all’interpretazione maschile per Mohammed Bakri) è un’opera prima da 1 milione di € senza soldi pubblici e con l’impegno anche finanziario di un giovane produttore (Mario Gianani) che ha poi coinvolto sia l’Istituto Luce che Rai Cinema, conquistati proprio dall’originalità e dalla forza del progetto.
Con il linguaggio del documentario, genere in cui Costanzo si è fatto conoscere e apprezzare, Private racconta dunque di una famiglia palestinese costretta a condividere l’abitazione con i militari israeliani. Prigionieri in casa propria, i figli e la madre vengono convinti dal padre, studioso di letteratura inglese e fautore del dialogo e della non violenza, a non scegliere la via della fuga, che li renderebbe profughi per sempre, affrontando invece quegli intrusi che lui chiama “i vicini”. Ma le sfaccettature sono molte e contraddittorie, e c’è chi vede nella violenza dei kamikaze l’unica risposta.
Il film, presto al festival di Rotterdam e a New York, esce in Italia il 14 gennaio in 25 sale selezionate, proprio mentre in Medio Oriente Abu Mazen riapre il dialogo e si avvia un possibile disgelo. Ne è convinto Mohammad Bakri, il padre nel film. “Sono felice della sua elezione perché siamo stanchi del sangue; troppi sono morti negli ultimi quattro anni. Ora nutro finalmente la speranza che Abu Mazen e il governo israeliano possano arrivare a una vera soluzione. Questa mattina, alla Cnn, ho visto un padre palestinese che implorava i medici di uccidere suo figlio, gravemente ferito, e mi sono ricordato del mio stesso grido nel film, quando vengo separato da mia figlia. Dico che bisogna fermare queste uccisioni, queste umiliazioni, queste scene orribili. Dire basta all’occupazione”.
Bakri è un attore molto popolare nel suo paese (come del resto gli israeliani Loir Miller e Tomer Russo), ma è anche regista e il suo Jenin Jenin era stato bandito dal governo. “Ora – ci racconta – è stato scongelato dopo un ricorso all’Alta Corte, è uscito in sala ma purtroppo nessuno va a vederlo”. Eppure tra Bakri e il collega Tomer Russo c’è stato dialogo e anche sintonia. “Non giudico il popolo israeliano o la società israeliana, ma la politica sì. Anche i soldati non sono tutti uguali: ci sono i violenti e c’è chi è costretto a quei tre anni di leva suo malgrado”. Propenso alla mediazione, sul set aveva però paura che il film risultasse troppo morbido. “Loro cercavano di essere gentili, noi tendevamo a fare le vittime… ma alla fine credo che in Private ci sia la nostra anima, qualcosa di autentico, anche se si tratta di una finzione per quanto basata su una storia vera”.
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