‘Prima danza, poi pensa’: biografia atipica di un maestro dell’Assurdo
La narrazione delle vicende, dei trionfi, degli affetti e delle relazioni del colosso della letteratura Samuel Beckett, figura di spicco e pioniera nell'ambito del Novecento
Questo racconta Prima danza, poi pensa – alla ricerca di Beckett, nuovo film del regista Premio Oscar James Marsh con protagonista il vincitore del Golden Globe Gabriel Byrne nel ruolo del celebre drammaturgo.
Il film è al cinema dal 1° febbraio distribuito da BiM.
Iniziando con la vittoria “catastrofica” del Premio Nobel per la Letteratura nel 1969, Beckett richiama alla mente gli episodi salienti della sua esistenza in un dialogo immaginario con l’incarnazione della sua coscienza. Questo processo mette in luce i temi e le riflessioni che hanno conferito grandezza alle sue opere, delineando un ritratto poco noto della sua personalità: appassionato di buon cibo, solitario, coniuge infedele, combattente nella resistenza francese e stretto amico di James Joyce.
Il regista, vincitore di un Premio Oscar per Man on Wire e autore de La Teoria del Tutto, ha realizzato un bel biopic che esplora gli aspetti meno familiari della vita dell’autore di capolavori come ‘Aspettando Godot’, ‘Giorni Felici’ e ‘Finale di Partita’, che ha nella splendida ed efficace interpretazione di Byrne il suo maggior punto di forza.
“E’ un racconto di fantasia – dice Marsh – scherzoso e spesso struggente, incentrato anche sulla vita emotiva dell’autore. Il film ha la forma di ampi riquadri che mostrano i rapporti chiave nella sua vita, principalmente concentrati sulle donne che lo hanno circondato.
E’ un film su un intellettuale, un gigante della letteratura, ed è ancorato sulla passione ed il sentimento, non sulla noiosità delle idee o sulla sterilità della critica letteraria. Beckett stesso è energico in questa rappresentazione, risoluto, padrone di sé e sicuro delle sue azioni ma tormentatodai sentimenti di colpa e vergogna per il suo egoismo ed il dolore che aveva causato a coloro che amava. Se ciò lo fa risuonare cupo o pesante, state certi che non lo è. Il nostro Beckett è pieno di auto-ironia ed il suo rapporto con James Joyce spesso sconfina nelle migliori commedie degli equivoci.
Il film ha una struttura provocatoria ed alcune strategie immaginative come si addice ad un autore che ha avuto un’influenza radicale e potente sulla scrittura ed il teatro del ventesimo secolo. Il nostro sceneggiatore, Neil Forsyth, ci porta subito nello stile del film già dalla primissima scena del film quando Beckett riceve il Premio Nobel per la Letteratura. Ma tutto ciò viene immediatamente sovvertito quando lui fugge dalla cerimonia e si arrampica andandosi a rifugiare in un attiguo mondo fantasioso dove passerà in rassegna la propria vita ed i propri errori in compagnia di un altro Beckett, un alter-ego antagonista.
In questo racconto di grandi storie d’amore e di rapporti della vita di Beckett e del suo complicato rapporto con una madre autoritaria, ci sono anche un commento allusivo ed uno sguardo approfondito alle ossessioni letterarie di Beckett ed alle origini della sua scrittura come autore. Tuttavia, non è necessario essere uno studioso di Beckett per godersi il film: la sceneggiatura è ironica e drammatica con episodi spesso non noti al grande pubblico, compreso il coinvolgimento attivo di Beckett nella Resistenza francese ed il suo accoltellamento quasi fatale da parte di un protettore a Parigi.
E’ una biografia insolita, perché passa in rassegna la sua vita attraverso la lente dei suoi errori. E’ costruita attraverso le sue relazioni con le persone che amava e che lo amavano ma cui sentiva di aver fatto torto”.
L’Altromondo è una costante nel film, un luogo in cui Beckett fugge in un universo intimo e privato, intellettuale, quasi cerebrale, dove colloquia con un suo alter ego. Un’ambientazione molto in linea con l'”assurdo” su cui Beckett era specializzato. “Il film è stato girato a Budapest ed avevo chiesto al location manager di trovarmi una location insolita che lui ha scovato in una cava abbandonata – commenta il regista – in parte naturale ed in parte scavata dalle attività estrattive, decisamente molto particolare. Sembrava che non ci si trovasse da nessuna parte e da qualche parte al tempo stesso, cosa che era esattamente ciò che richiedeva la sceneggiatura”.
Su Byrne, in particolare, aggiunge: “E’ stata una collaborazione molto gratificante. Per Gabriel non si è trattato solo di un lavoro, ha sentito da subito un grande legame con il personaggio e l’uomo Beckett e lo ha affrontato con grande responsabilità. Penso anche sia stato alquanto scoraggiante considerato che spesso interpreta due versioni di Beckett che parlano l’una con l’altra e devono avere due diverse personalità. Recitare davanti ad un green screen parlando con sé stessi è molto difficile e penso anche che fosse un po’ nervoso ma la paura può essere utile e produttiva, anch’io ho provato lo stesso tipo di timore e se riesci a far sì che ciò funzioni a tuo favore riesci a lavorare anche più intensamente. Abbiamo girato prima le scene con i due Beckett e al secondo giorno Gabriel aveva trovato un grande ritmo tra le due versioni, una fantastica base di partenza per il resto delle riprese”.