Fuori concorso al Festival di Roma, Song ‘e Napule dei Manetti Bros. rappresenta una continuazione dell’esplorazione del cinema ‘di genere’ da parte dei registi romani. Dopo la sci-fi de L’arrivo di Wang e l’horror di Paura 3D, la premiata ditta Antonio & Marco approda al filone ‘poliziottesco’, caposaldo della cultura cinematografica italiana degli anni ’70 e ’80. Di loro ci mettono ironia e modernità, mescolando l’azione con la commedia e l’attualità ‘frivola’ del mondo dei cantanti neomelodici.
Fortemente voluto dall’attore Giampaolo Morelli (il Coliandro della tv), il film è prodotto dalla Devon del compianto Luciano Martino, che viene ricordato in conferenza stampa: “Una persona di grande fiuto – dicono i registi – forse la caratteristica principale che deve avere chi fa cinema. Noi facciamo cinema per divertirci e non riusciamo a farlo per un altro motivo. Non siamo registi ermetici, ma di fatto facciamo un prodotto di mercato che in Italia non ha mercato, per cui ci vuole coraggio a sostenerci. Siamo orgogliosi di aver collaborato con lui. Non necessariamente vogliamo coprire tutti i generi, come Soderbergh, facciamo semplicemente quello che ci piace”.
Protagonista del film è Alessandro Roja, nei panni di un pianista di talento costretto ad accettare una raccomandazione in polizia per tirare a campare. Non è capace nemmeno di impugnare una pistola, per cui lo mandano immediatamente a imbrattare scartoffie. Ma un giorno il suo capo (Paolo Sassanelli) gli affida una missione delicatissima: deve fingersi il tastierista di un gruppo neomelodico capitanato dall’osannato cantante Lollo Love (Morelli), per intrufolarsi a un matrimonio dove sarà presente un pericoloso boss della mala. Nel cast anche Serena Rossi, Carlo Buccirosso e Peppe Servillo.
“Il genere mi piace – aggiunge Morelli – e poi vengo da Arenella, una zona di Napoli che si trova esattamente tra il centro storico e il Vomero. Ho frequentato ambienti di tutte le classi sociali e ho sempre avuto in testa questa discesa del napoletano borghese e ripulito nel tessuto sociale popolare, che i cantanti neomelodici rappresentano perfettamente. Li conoscono solo da Napoli alla Sicilia, a parte i pochi che riescono a fare il ‘salto’ trasformandosi in qualcosa d’altro, come Gigi D’Alessio o Nino D’Angelo. Quel che volevo far capire è che molti sono anche talentuosi. ‘Neomelodico’ non è sinonimo di bassa qualità. E’ un genere e come in tutti i generi ci sono cose buone e cose meno buone. Non è, insomma, soltanto musica ‘trash’. Mi piaceva raccontare i matrimoni napoletani, molto simili a un ‘sequestro di persona’, che durano giornate intere, dalle 10 del mattino a notte fonda coi camerieri che continuano a portare in giro vassoi di spigole. E poi volevo portare i Manetti a Napoli. Proprio perché un occhio esterno può raccontare quella realtà meglio di mille Nanni Loy. Attorno ai neomelodici ci sono molti luoghi comuni, primo tra tutti l’associazione con la Camorra: certo, muovendosi tra matrimoni e cerimonie può capitare che ci siano di mezzo situazioni non proprio pulitissime, ma sono cantanti, lavorano nel loro ambiente. Però ci sono anche tanti artisti bravi e onesti”. “Abbiamo inserito un paio di battute – continuano i registi – proprio per parlare di questo. Non si controlla certo la fedina penale di qualcuno a cui si vuole vendere un’automobile. Sostanzialmente, i cantanti vanno alle feste di chi si può permettere di pagarli. Non per questo sono dei criminali. Consideriamo poi che a Napoli c’è una grossa cultura della “spesa”. Se la tua vicina di casa ha fatto un matrimonio da 15.000 euro, tu ne devi spendere 20.000. Devi ottenere il cantante più famoso. C’è gente che arriva a farsi pignorare la casa, per un matrimonio”.
Il protagonista Alessandro Roja, romano, ha dovuto compiere un ‘doppio salto’ per entrare nel ruolo: “il che – dice – me lo ha reso particolarmente ‘succulento’. Sono un romano che interpreta un napoletano che finge di non essere napoletano, e alla fine torna sui suoi passi. Paco decide di ripulirsi e allontanarsi da una realtà che lo fa soffrire. Diventa un alieno, una mosca bianca, tanto che gli chiedono se non sia di Milano. E’ un ‘raccomandato da mammà’ che però vuole essere uomo, assumersi una responsabilità, cerca una dignità. Anch’io avevo dei pregiudizi sulla musica neomelodica ma poi ho capito che tutte le culture hanno diverse sfumature”. Esperienza inversa per Serena Rossi, napoletana DOC che sta interpretando Rugantino a teatro, dove esibisce un accento romano: “Ma proprio guardare Roja alle prese col dialetto partenopeo mi ha fatto capire che potevo farcela”, dice. Sassanelli si limita ad affermare che “ai Manetti dico sempre sì, senza nemmeno leggere il copione. Anche perché mi chiamano sempre mentre sto cucinando”.
Infine, fa una comparsata un simpatico ‘toscanaccio’, il fumettista Tuono Pettinato, in un divertente cameo. “E’ venuto a trovarci sul set – concludono i registi – e ci siamo divertiti ad assegnarli una piccola parte”.
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