VENEZIA – “Il bene mio è un titolo traslato da una canzone presente nel film, di Matteo Salvatore, un cantautore garganico. L’espressione racchiudeva esattamente quello che volevo raccontare: per me è tutto quello che rappresenta l’amore, la memoria, la vita di un personaggio come Elia (Sergio Rubini), ma anche di una comunità come quella di Provvidenza, che ha visto la propria quotidianità straziata, violata da un evento drammatico che ha provocato una ferita profonda, che ognuno cerca di rimarginare come può, forse perdendo il bene comune dell’essere una comunità, il riuscire a stare insieme, ad affrontare insieme, ad esorcizzare il dolore con un vivere comunitario. Il bene mio è tutto quello che si rischia di perdere”, così racconta Pippo Mezzapesa l’epifania alla base della sua idea del film.
Il film è la storia di Elia, ultimo abitante di Provvidenza, paese distrutto dal terremoto, che rifiuta di adeguarsi al resto della comunità trasferitasi a Nuova Provvidenza, preferendo dimenticare. Per Elia, invece, il suo paese vive e, grazie all’aiuto del vecchio amico Gesualdo, cerca di tenerne vivo il ricordo. Il sindaco gli intima di abbandonare Provvidenza, Elia sembrerebbe quasi convincersi ma inizia ad avvertire una strana presenza: a nascondersi tra le macerie, dove durante il terremoto perse la vita la moglie dell’uomo, è Noor. Lei è una giovane donna in fuga e sarà questo incontro, insieme al desiderio di continuare a custodire la memoria di Provvidenza, a mettere Elia di fronte ad una scelta.
Il film racconta di personaggi e di luoghi con nomi che evidentemente tradiscono una non casualità: Elia, Provvidenza, Noor “che significa luce.” – continua il regista “Provvidenza ha un rimando ai Malavoglia e chiaramente è legata a quello che è successo a questo luogo immaginario, che però rappresenta questa cominità. La provvidenza è quello che si scaglia su di noi, quello che a volte ci guida. Noor, come dicevo, ha a che fare con la luce, così come Elia: schiariscono le zone d’ombra della vita. Elia vive in un limbo, in uno stato di impossibilità ad elaborare un lutto. Noor è una luce nella sua vita, una possibile via d’uscita che Elia non intraprende ma che lo porta alla soluzione della sua vita e di quella della comunità. Mi piace vedere in Elia uno di quegli uomini che si distaccano dal pensare comune e cercano di guidare una comunità dissolta: è un leader, è apparentemente un eremita, perché vuole riportare la vita”.
Sergio Rubini porta sulle sue spalle il film, nel fisico, ma soprattutto nella mimica del volto, degli stati d’animo che muove sulla faccia. “Sergio è stato Elia sin da subito per me” – racconta Pippo Mezzapesa. “Ho avuto il privilegio di lavorare con un attore a cui ho pensato dal primo momento in cui ho pensato alla storia, sin dall’ideazione. Lui è Elia nelle movenze, nell’aspetto, nella voce, nello sguardo. È uno dei pochi interpreti che naturalmente racchiudono in sé l’anima malinconica e l’anima lieve, ha un chiaroscuro nel volto che è lo stesso di Elia. Nostalgia ironia e vitalità” .
Il bene mio, una produzione Altre Storie con Rai Cinema, prodotto da Cesare Fragnelli, in sala dal 4 ottobre.
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