A cinque anni di distanza da Sogno di una morte di mezza estate, documentario presentato alla Mostra di Venezia nel 2008 e incentrato sulla storia di un aspirante custode di cimiteri, approda al Festival di Roma, nella sezione Prospettive Italia, il nuovo film di Pippo Mezzapesa Pinuccio Lovero – yes I can. Il film, anch’esso un documentario, ci racconta che fine ha fatto il “sindaco” della necropoli di Mariotto (paesino in provincia di Bari dove, dopo l’arrivo di Pinuccio, non è più morto nessuno) e come, dopo la prima apparizione cinematografica, la “celebrità” abbia cambiato la vita del giovane becchino. Pinuccio Lovero, infatti, adesso si sente “diviso tra la carriera d’attore e quella di guardiano del camposanto”. Oltre ad aver conosciuto la notorietà televisiva, ha ritrovato l’amore e si è addirittura candidato in politica. E proprio sulle elezioni comunali di Bitonto, si concentra il film, che attraverso gli occhi del suo protagonista ci racconta una politica vista dal basso, curiosa semplificazione di un ormai diffuso qualunquismo.
Vestito nella sua impeccabile uniforme da becchino, dunque, Pinuccio campeggia sui manifesti del paese, promuovendo personalmente il suo programma a “livello esclusivamente cimiteriale”. E se con Sogno di una morte di mezza estate era sbarcato al Lido al grido di: “riporterò la morte a Venezia”, il suo slogan ora mette al centro solo se stesso: “Pinuccio Lovero – Yes I can”. Accanto a lui gli altri improbabili candidati che permettono al regista di realizzare un esame approfondito sui meccanismi di una campagna elettorale di provincia. “Un microcosmo che in fondo ripropone le stesse dinamiche del macrocosmo – spiega Mezzapesa, tornato al documentario dopo la parentesi fiction con l’opera prima Il paese delle spose infelici – ed è una lente d’ingrandimento sulla realtà in cui viviamo. Ormai, a tutti i livelli, non contano più né i programmi né le ideologie, ma solo la spettacolarizzazione di se stessi”.
Il documentario comincia, quindi, mettendo insieme un ricchissimo repertorio delle sortite televisive di Pinuccio, per scoprire gradualmente – attraverso un pedinamento costante e le testimonianze di amici e parenti – qual è stata la causa che ha condotto Lovero ha cercare disperatamente nella politica un suo palcoscenico personale. “Con questo secondo film su Pinuccio – continua Mezzapesa – volevo dimostrare come l’illusione della celebrità e della fama a tutti i costi possano alterare anche i sogni più semplici e genuini, condannando gli individui ad un’infelicità e una frustrazione costanti”. Ma non pensa che fare un film su di lui possa aver contribuito ad alimentare questo sogno di popolarità? “Forse sì, ma quello che si vede nel film è tutto molto esasperato. Pinuccio è consapevole di questo e sta al gioco, cercando di esagerare determinati aspetti della sua realtà. Ho voluto realizzare una specie di mockumentary”. Un intreccio di realtà e finzione che propone al grande pubblico una nuova maschera e che ci fa pensare che non mancherà un terzo capitolo alla storia di Lovero, anche se per il regista: “Pinuccio non è un attore e proprio per questo nel film rende così bene”. “Mi piacerebbe tornare ogni cinque anni nella sua vita per vedere cosa accade”, dice ancora Mezzapesa con l’idea di trasformare il becchino più famoso d’Italia nel suo personalissimo Antoine Doinel. E intanto, in attesa di prossime elezioni, Pinuccio Lovero lancia un appello: “Vorrei tanto fare un film con Checco Zalone e perché no, magari, un giorno, poter essere diretto da Sergio Rubini o Sergio Castellitto“.
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