Pif: “Il mio cinema serve a smitizzare”

Si è svolta la prima conferenza del ciclo Lido Philo, a cura di Stefano Bonaga, Andrea Gropplero e Massimo Donà, presentato da Istituto Luce Cinecittà. A ragionare sulla “cinematocrazia” sono stati il


VENEZIA – Che rapporto ha il cinema con il potere? È questo il tema, riassunto nel neologismo “cinematocrazia”, della nuova edizione di Lido Philo, il ciclo di incontri a cura di Stefano Bonaga, Andrea Gropplero e Massimo Donà, presentato da Luce Cinecittà e Sì produzioni, che si svolge all’Italian Pavilion all’interno della 78esima Mostra del Cinema di Venezia.

Ospiti del primo dei cinque incontri sono lo scrittore Emanuele Trevi e il regista Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif. I due hanno discusso brillantemente sui concetti di immaginario e potere legati al cinema e alla letteratura, gli ambiti in cui più si sono distinti.

In primis si è ragionato sul conflitto tra le due arti. “Il cinema prende tutti, la letteratura è una cosa seria, nel senso che bisogna essere persone serie per scrivere” esordisce Pif, a cui risponde Trevi: “cinema e letteratura sono le due arti in più totale conflitto, perché sono in concorrenza. Noi scrittori cerchiamo di suscitare l’immaginazione nella testa del lettore attraverso dei mezzi che non sono specifici. Il cinema è una cosa che si fa con degli strumenti, che è nato perché c’è stato uno sviluppo tecnologico poderoso. La scrittura non è stata inventata per la letteratura, è una dotazione dell’umanità che l’ha portata a sopravvivere. L’uomo non ha ali, non ha zanne, ha solo il pollice opponibile e il linguaggio. E queste poche cose ci hanno reso la specie predominante”.

Poi è il turno di Pif. Il regista, che a breve uscirà con il suo nuovo film E noi come stronzi rimanemmo a guardare, entra a fondo nella sua visione “civile e moralizzante” del cinema. “Il cinema ha tirato fuori tutto il mio bacchettonismo e il mio moralismo, ma non solo nei temi. Io ad esempio nei miei film non riesco a immaginare una scena di sesso. Ho realizzato che non sarò mai un grande regista perché ho una vita molto mediocre. Senza fare nomi, ma accade anche nella letteratura, c’è una correlazione tra il modo di vivere e lo stile dell’autore. E quindi il mio approccio al cinema è quello di smitizzare i miti che secondo me non meritano di essere tali. Ho cominciato con la mafia, che ha qualcosa di mitologico, con i politici, e lo farò anche in questo terzo film. Fin dal titolo, che non è stato facile far passare, si vede che punto il ditino, è più forte di me”.

C’è una cosa che, però, più di tutte accumuna la letteratura e il cinema a discapito, per esempio, dei programmi tv. Come fa notare il regista palermitano, che in televisione si è formato e continua tuttora a lavorare: “Nonostante in Italia ci siano pochi lettori e anche pochi spettatori cinematografici, un libro e un film sono immortali. Restano lì per sempre. Mentre anche la più alta televisione non si rivede più, se non nei ritagli del tg. Quando ho cominciato a fare film, la gente ha iniziato a trattarmi in maniera diversa. Anche se non lo avevano visto, tu lo hai fatto e la gente capisce che in un film c’è più profondità”.

Si chiude con reciproci complimenti: “La vera crisi culturale occidentale è dimostrata dal fatto che io sia stato invitato a parlare sullo stesso palco di Emanuele Trevi. Mi autodenuncio”, scherza il regista. “Viva Pif, viva il moralismo” proclama lo scrittore. La questione resta aperta ai prossimi appuntamenti di Lido Philo, in cui si alterneranno sul palco altre personalità della cultura e dello spettacolo. Tutti gli eventi saranno visionabili in diretta e on demand sul sito dell’Italian Pavilion:  www.italianpavilion.it.

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06 Settembre 2021

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