Pierfrancesco Favino e la vanità del boss dei due mondi

L'attore è Tommaso Buscetta ne Il traditore di Marco Bellocchio: "Per questo ruolo ho preso nove chili ma soprattutto mi sono calato nella vanità di un criminale che voleva stare sotto i riflettori"


CANNES – Per Pierfrancesco Favino, che con il suo Tommaso Buscetta è il centro nevralgico di un film corale come Il traditore, corale eppure imploso su un personaggio affascinante e respingente allo stesso tempo, c’è un paradosso alla base di questa prova da premio. “Per questo ruolo – racconta l’attore 49enne – sono partito da un’evidenza. Tommaso Buscetta si è costruito una memoria di sé attraverso i libri su di lui e le interviste che ha dato. È stato un fine stratega della comunicazione. A sentir lui non ha mai trafficato in droga, è entrato da giovane nella mafia ma si è pentito, al massimo ha fatto contrabbando di sigarette. Ma tutto questo non mi torna. Buscetta è uno che per tutta la vita si è cambiato i connotati, le prime chirurgie facciali risalgono agli anni ’70, quando ancora non era braccato. Non viene da una famiglia di mafiosi, era l’ultimo di 17 figli, e scelse una vita diversa da quella che avrebbe potuto fare con un padre vetraio. Entrò nella mafia, e per entrare nella mafia bisognava uccidere, e da quel posto si esce in un modo solo. Eppure al momento dell’arresto, in Brasile, è già un mito, un uomo rincorso dalla leggenda”.

Un ruolo impegnativo, fortemente fisico, che l’ha portato a ingrassare di nove chili, un po’ alla De Niro. “La sua fisicità – spiega ancora l’attore, in completo avana sulla Croisette – rimanda alla ruralità della mafia. Questo gruppo di imprenditori agricoli che in alcuni dettagli vengono svelati. Gli stomaci rotondi, un’aria tozza che tentano di sfinare con i completi di gabardine. Una presenza fisica che mi serviva anche per il respiro perché quando prendi peso cambia il tuo modo di respirare. Lo avevo osservato nei video in cui cammina e quando gioca a pallone con il melone della pancia che sporge. E poi dovevo raccontarlo nel corso degli anni, quindi bisognava proprio ingrassare. Non è virtuosismo”.

Il film, racconta ancora Favino, ci mostra Buscetta visto con gli occhi degli altri. “Lo vedono come il traditore, l’infame, la spia: ma gli occhi degli altri sono importantissimi anche per la sua vanità. Il fascino che emanava dipendeva dalla sua leggenda”. Nel bene e nel male. C’è qualcosa di suo in un personaggio di criminale? “Condivido con lui alcune cose, l’amore per la famiglia, il romanticismo. Io vengo da una famiglia piccolo borghese, non ho dovuto fare certe scelte”. Quindi una riflessione: “Falcone è l’unica persona che sia riuscita a manipolare Buscetta, ma l’incontro con il giudice lo cambia, perché anche Falcone, come lui, è qualcuno che crede fino in fondo al suo sogno. Tra i due non ci fu amicizia ma un certo rispetto siciliano”.

Infine un commento sul botta e risposta con Giovanni Montinaro, il figlio del caposcorta di Falcone ucciso nella strage di Capaci. “Lo scambio tra noi due su Instagram è durato credo 22 secondi. Mi ha detto che sperava non fosse un’operazione di marketing uscire nell’anniversario di Capaci, io gli ho detto di no. Montinaro ha perso il padre nell’attentato e ha tutto il mio rispetto. Ma siamo sicuri che scrivere sui giornali che c’è una polemica sia utile? Non ho voglia di partecipare a questo gioco, di fare notizia così. Tutto quello che possiamo fare per non disperdere la memoria di Falcone e dei suoi uomini fa bene a tutti”.

Luigi Lo Cascio, che ha il ruolo di un altro pentito, Totuccio Contorno, riflette: “Sul set faccio una foto con Tano Badalamenti, il don Tano Seduto che Peppino Impastato combatteva da Radio Aut. Per quel ruolo ne I cento passi, dopo vent’anni, mi capita ancora di incontrare qualche ragazzo che mi avvicina ed è contento di conoscermi perché mi ha visto in quel film, perché ho raccontato la storia di Peppino”. Lo Cascio, che ne Il traditore parla un palermitano strettissimo, la lingua dei quartieri popolari di Palermo, spiega di averlo imparato quando andava a scuola a La Kalsa: “Marco durante le riprese mi diceva di non capire una parola e quindi che andava bene così”.  

Fausto Russo Alesi è Giovanni Falcone: “Un ruolo complesso – dice l’attore ronconiano – non dovevo cercare la somiglianza con il giudice ma tentare con libertà di cogliere dallo studio della sua biografia la sua necessità di essere un punto fermo nella lotta contro la mafia”.

La modella e attrice brasiliana Fernanda Candido è Cristina, moglie di Buscetta. Per l’interprete “Bellocchio è un insieme di rigore e libertà. Non ha paura del silenzio, della contraddizione, del paradosso, per esempio nel mio personaggio, una donna che ama profondamente suo marito, ma è una donna avvocato, intelligente, colta che sta vicino a un criminale, una scelta che non ha risposte”.

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