Philippe Garrel e i suoi figli sul ‘Grande carro’

Nella commistione inestricabile e fertile di vita e arte si muove Il grande carro, opera raffinatissima di Philippe Garrel, Orso d'argento alla Berlinale 2023 per la Miglior Regia

Philippe Garrel e i suoi figli sul ‘Grande carro’

Nella commistione inestricabile e fertile di vita e arte si muove Il grande carro, opera raffinatissima di Philippe Garrel, vincitrice dell’Orso d’argento alla Berlinale 2023 per la Migliore Regia e ora in sala con Altre Storie e Minerva Pictures dal 14 settembre.

Il ‘Grande Carro’, come si sa, è una costellazione, ma in questo caso è il nome del teatro di marionette gestito da un padre affettuoso (Aurélien Recoing) insieme ai suoi figli, i fratelli Louis (Louis Garrel), Martha (Esther Garrel) e Lena (la giovanissima Lena Garrel), con la nonna (Francine Bergé) che realizza i pupazzi fin da quando era giovane e si era staccata dalla sua famiglia borghese per seguire un acrobata e una vita nomade e avventurosa.

Tutti insieme appassionatamente formano una compagnia gioiosa che ha il valore della libertà e della ribellione nel suo dna, trasmesso dai capostipiti e che oggi cerca di rinnovarsi adeguandosi ai tempi. Li vediamo mentre allestiscono e provano spettacoli dal sapore fiabesco e fuori dal tempo. Ma gli accadimenti anche drammatici si susseguono spezzando il sogno, tra nostalgie incurabili e desiderio di inaugurare nuovi percorsi.

Per il 75enne Philippe Garrel, autore di titoli come Innocenza selvaggia, Les amants réguliers, La frontière de l’aube e Un été brûlant, questa è stata innanzitutto l’occasione per riunire i suoi tre figli, tutti e tre attori, attraverso un soggetto in cui riverbera la complessità dell’essere figli d’arte, eredi di una condizione che può anche stare stretta (lui stesso proviene da una famiglia di marionettisti).

La sceneggiatura scritta con Jean-Claude Carrière, Arlette Langmann e Caroline Deruas Peano, ripercorre eventi quotidiani anche banali, difficoltà economiche, amori e tradimenti, la nascita di un bambino non voluto dal padre Pieter (Damien Mongin), un narciso che rincorre una carriera da pittore ma non ha granché talento e che abbandona Hélène, la madre di suo figlio (Mathilde Weil), all’indomani del parto, per una ragazza conosciuta nella compagnia di marionette (Asma Messaudene).

Questa storia corre parallela alla vicenda centrale e si interseca con essa perché Louis inizia a interessarsi a Hélène e al bambino, li frequenta e si prende cura di loro. Un giorno, durante uno spettacolo, davanti a una platea di bambini, il padre muore di ictus, lasciando ai suoi figli la responsabilità e l’onere di portare avanti la compagnia e innescando una serie di cambiamenti nelle vite di ciascuno di loro.

“Volevo fare un film con i miei tre figli che in questi ultimi anni, uno dopo l’altro sono diventati attori, diretti da altri registi. Mi rendo conto che raffigurare la propria famiglia è un piacere solitamente riservato ai pittori. Dato che i miei figli hanno 22, 30 e 38 anni, ho dovuto trovare un motivo per portarli insieme in scena alle loro rispettive età”, spiega Garrel che ha affidato la fotografia del film, a colori, al grande dop Renato Berta. “Ho deciso di rappresentare una famiglia di burattinai, che esistono ancora oggi. Quando sono nato, prima che diventasse attore, mio padre era un burattinaio nella compagnia di Gaston Baty. Il mio padrino, Alain Recoing, si esibiva nella compagnia. Gaston Baty ha scritto le scene di repertorio delle marionette con Eloi Recoing, uno dei figli di Alain Recoing. Baty era un membro del cartello dei quattro, insieme a Louis Jouvet, Charles Dullin e Georges Pitoëff, e ha scritto e messo in scena per il suo teatro di marionette. Quando ero ragazzo, questi artisti erano molto poveri, ma io li consideravo dei re. Volevo fare un film che, sebbene nato dalla mia immaginazione, somigliasse anche a un documentario su questo mestiere. Jean-Luc Godard ha detto che un buon film di finzione deve anche essere un documentario su qualcosa. Nella disgregazione di una compagnia di artisti-burattinai, vedo la metafora di un mondo dove le tradizioni stanno morendo”.

di Cristiana Paternò

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12 Settembre 2023

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