Nonostante gli ormai cento anni di storia professionale, trascorsi tra palchi teatrali e adattamenti cinematografici, sballottato di rivisitazioni animate in tentati live action, Peter Pan è ancora il bambino che non vuole crescere. Non ne vuole sapere e non sarà certo l’industria cinematografica a convincerlo del contrario. D’altronde, è questa verve che ne azzera le vicende in un perpetuo desiderio d’infanzia a riportarci all’isola che non c’è, luna park dell’impossibile riattivato il 28 aprile 2023 con l’ultima iterazione del personaggio, tornato su schermo, in streaming su Disney+, in Peter Pan & Wendy. Nei panni dei due protagonisti, Alexander Molony e Ever Gabo J. Anderson, mentre Jude Law è l’indimenticabile Uncino.
Il film di David Lowery, già regista del remake Disney Il Drago invisibile, affonda le mani nel romanzo di James Matthew Barrie per poi acciuffare ogni riferimento praticabile ai suoi migliori adattamenti cinematografici. O almeno ai più conosciuti. Dal classico Disney, ormai settantenne, al capolavoro di Spielberg, Hook: i richiami sono immediati, scritti su schermo secondo la scuola della citazione omaggio. Tanti altri film in passato hanno raccontato questa storia, finendo tra gli ingiustamente dimenticati.
Ecco 3 adattamenti poco citati che hanno messo mano al testo di Barrie raccontando che il tempo passa, che si cresce, ma che proprio dall’orologio più alto ci si può tuffare verso l’isola che non c’è.
Peter Pan arriva al cinema in punta di piedi. Non è su celluloide che in quegli anni sta facendo la sua fortuna. Il personaggio scritto da Barrie vive di ristampe e teatri, dove trucchi di magia e illusionismo portano Trilli sui palchi di Londra grazie a incredibili giochi di specchio. Il cinema risponde, al solito, con l’impossibile realizzato. Il regista Herbert Brenon chiama nel ruolo di Peter la giovane attrice Betty Bronson, che vola per tutta l’avventura tra effetti di luce e miniature. Campanellino, interpretata da Virginia Brown Faire, si mostra agli spettatori del cinema brillando di una luce senza precedenti nella storia del personaggio. È un puro Peter, del tutto infantile e giocondo, disinteressato alla propria metafora a tal punto da essere il grado zero di ogni altra interpretazione. Molti giochi di ombre del quattordicesimo classico Disney, che uscirà 29 anni dopo, arrivano da qui.
Il titolo non cambia, come l’attitudine del protagonista. Ancora una volta, anche in questa interpretazione del 1976, è un’attrice e non un attore a vestire i panni del bambino principe di Neverland. Un volto noto, uno stile dichiaratamente Musical e una piccola – geniale – idea fanno della versione anni ’70 per tv un adattamento da riscoprire. Il volto è di Mia Farrow, che interpreta Peter volando leggiadra tra una canzone d’amore e l’altra. Sul fondale di una scenografia senza grande inventiva, e dal carattere marcatamente artefatto, brillano stelle tanto simili al classico d’animazione. Le canzoni, a differenza di molti adattamenti ricostruiti sul calco del film Disney, sono originali e rendono questo film un musical con una propria visione dell’opera di Barrie. La piccola idea che lo abita invece è il doppio ruolo vestito da Danny Kaye, acerrimo pirata nemico e assieme premuroso papà di Wendy. Una rilettura tra teatro e cinema che riapre il testo di Barrie a letture psicanalitiche. Il Peter Pan del 1976 conquisterà un Emmy.
Nel 1989 Peter Pan arriva in Giappone. La serie animata diretta da Takashi Nakamura e Yoshio Kuroda per Nippon Animation andò in onda per 41 episodi, riadattando nella prima parte il testo di Barrie per poi prolungarne le vicende con una sceneggiatura originale. La serie arriverà anche in Europa, mostrando l’interessante intreccio di culture, soprattutto nei costumi e nella resa visiva. Gli spazi sono pieni e vivi, reinvenzione dell’immaginario di Barrie nei colori vividi della tradizione anime, in quegli anni alle prese con sperimentazioni e formule oggi imprescindibili. Non è un capolavoro e nemmeno la miglior versione di Peter Pan, ma pur cercando una fedeltà rispettosa, la serie animata gioca con il personaggio capendo bene la sua resilienza, che da quasi cent’anni ne mantiene viva la forma nonostante i continui rimaneggiamenti.
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