Siamo abituati ad associare il nome di Peter Jackson a spettacolari battaglie, di solito combattute in lande immaginarie da eserciti di creature fantastiche, tra elfi, orchi e nani a cavallo di draghi e lupi mannari. Siamo abituati anche ad associarlo alla sperimentazione visiva, che si tratti degli effetti splatter dei suoi esordi in Bad Taste o dell’HFR 3D della trilogia de Lo Hobbit. Ma vederlo alle prese con un documentario sulla Grande Guerra, commissionato da 14-18 NOW e dall’Imperial War Museum in associazione con la BBC, è una vera sorpresa. E al contempo non lo è. Perché farsi cantore del conflitto, utilizzando immagini scelte proprio dagli archivi del museo e colorizzandole, convertendole in 3D, trasformandole con moderne tecniche produttive per far sì che appaiano come se fossero state girate oggi, ben si sposa con il suo gusto per l’epica e il racconto eroico.
They Shall Not Grow Old- Per sempre giovani, questo il titolo, ha debuttato al London Film Festival e arriva alla Festa del Cinema di Roma in tempo per onorare il centenario dell’armistizio della Prima Guerra Mondiale, l’11 novembre 1918. Viene mostrato alla stampa senza sottotitoli. Poco male, però, perché la potenza delle immagini dice tutto. “Volevo attraversare le nebbie del tempo e portare questi uomini da noi, così da fargli riacquistare la loro umanità, invece che farli sembrare delle figure alla Charlie Chaplin in vecchi film d’archivio. Grazie alle moderne tecniche computerizzate, abbiamo potuto ricreare la Grande Guerra come loro l’hanno vissuta”, ha detto Jackson, e già le sue parole sembrano il prologo di un film d’avventura.
Ma anche di un dramma. Sebbene i filologi più puristi possano storcere il naso di fronte all’operazione, accusandola magari di spettacolarizzazione gratuita, il senso del tutto si spiega proprio quando ci si trova in mezzo alla scena, quasi facendone parte. E’ una rievocazione storica, come tante se ne fanno tradizionalmente, ma realizzata attraverso la settima arte. E quei soldati sono di nuovo in mezzo a noi. Fantasmi, forse, come l’esercito dei Morti convocato da Aragorn nella roccia di Erech. Trapassati, sì, ma non invecchiati di un giorno, come recita il titolo, in modo che possano raccontarci loro stessi la loro storia. E lo spettatore diventa parte di loro e della loro esperienza, provando sulla propria pelle, almeno in minima parte, quello che hanno provato anche loro. Dopotutto, è quello che è chiamato a fare il cinema.
L’impressione è confermata dall’incipit del film, rigorosamente in bianco e nero: vediamo ragazzi giovanissimi, perfino di quindici anni, aumentarsi d’età pur di poter prendere parte a quello che gli appare come un viaggio straordinario e picaresco, ignari del destino che veramente li attende al fronte. Il colore appare a quasi mezz’ora dal principio, Jackson integra le immagini con le testimonianze dei reduci in voice over, tratte proprio dagli archivi della BBC, e con qualche rara sovrapposizione musicale.
Volti tristi e stanchi in mezzo a un gruppo, denti cariati e ferite, cadaveri dilaniati, mostrati senza remora. Sembra di essere tornati ai tempi di Splatters, ma stavolta è reale, lo è stato, lo sarà ancora. Ma forse la preservazione del ricordo – e qui sta il senso antimilitarista dell’opera – così vivido e persistente, potrà contribuire a ritardare il ripetersi dell’orrore.
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