Peter Greenaway: da Goltzius a Ėjzenštejn, il cinema a teatro

Torna il maestro con 'Goltzius and the Pelican Company', presentato alla 7° edizione del Festival Internazionale del Film di Roma nella sezione Cinema XXI


L’olandese Hendrik Goltzius, uno dei primi incisori di stampe erotiche del tardo Cinquecento, è alla ricerca di un finanziatore per riuscire a finalizzare il suo progetto: un libro d’illustrazioni di alcune tra le più controverse storie del Vecchio Testamento. Il margravio di Alsazia è disposto a donare la cifra richiesta, ma solo se Goltzius e la sua compagnia, The Pelican Company, lo convinceranno mettendo in scena dal vivo gli episodi biblici legati ai vizi capitali. La rappresentazione, quanto mai realistica, dei racconti legati ai tabù dell’incesto, dell’adulterio, della pedofilia, della prostituzione e necrofilia, innescherà dinamiche inattese nella corte alsaziana e all’interno della stessa compagnia.

Questo il canovaccio per un film sorprendente che al linguaggio della Settima Arte unisce quello del teatro e quello della pittura, sfruttando anche in maniera assolutamente originale le moderne tecnologie di computer graphics per la ricostruzione di ambienti volutamente fittizi e innaturali. Assolutamente originale anche il progetto produttivo, a opera de Lo Scrittoio e Maremosso, che a una diffusione sul circuito d’Essai fa precedere un percorso nei teatri, in linea con il successo ottenuto dalla presentazione del film in Europa in centri alternativi come la London International Gallery e il Louvre di Parigi.  Il film è già in circolo nel cartellone dei più prestigiosi teatri italiani. Coinvolti ad oggi il CRT Milano, il Teatro Bellini di Napoli e il Teatro Argentina di Roma, dove abbiamo incontrato il poliedrico regista, che ci dona con modi spicci ma simpatici – senza rifuggire anche qualche espressione colorita – la sua visione del mondo.  

Da dove nasce l’idea di dedicare un film a Goltzius?  

Ne avevo fatto uno su Rembrandt e mi ero molto divertito. Naturalmente si tratta di personaggi diversi, un pittore e un incisore, e poi quello era un film tradizionale, ortodosso, un ‘copincolla’ di eventi. Questo è sperimentale, anche grazie all’uso del linguaggio digitale, che mi ha aiutato a rompere le barriere tra teatro, web e social network, mescolando insieme gli elementi. Diciamo che è una specie di remake.  

Il film sarà distribuito in una fase iniziale nei teatri…

I miei film sono sempre teatrali, non si può certo definire ‘cinema verità’. Ma in definitiva tutto il cinema è finzione e artificio. Sto lavorando anche su Ėjzenštejn. In questo caso si tratta di un parziale documentario che però man mano si è trasformato in una fiction, per cui è stato molto difficile trovare l’attore adatto, perché doveva parlare russo e assomigliargli anche molto fisicamente, dato che le immagini si alternano con quelle del vero Ėjzenštejn,  con quel testone e il corpo minuto. Era un uomo di puro intelletto. Poi chiaramente ci appelleremo al principio di sospensione dell’incredulità. Ora lo abbiamo mandato a Berlino e aspettiamo di sapere il verdetto. Ci sono 5000 film e solo 12 posti. Dita incrociate.  

Si definirebbe post-moderno?

Il termine post-moderno è orrendo. Lo usiamo solo perché non sappiamo trovarne uno migliore. Sarà d’accordo con me nel dire che la Storia dell’Arte parla solo di periodi di certezza culturale: il Rinascimento, il Barocco, il Neoclassico, mentre tralascia i periodi ‘di mezzo’. Come ad esempio i giorni nostri, oppure il manierismo, che possiamo collocare tra la morte di Michelangelo e quella di Caravaggio. A Michelangelo si deve la distorsione di un certo immaginario sessuale che poi è stata al centro del periodo manierista. E lo stesso si è ripetuto oggi. Dopo la morte di Picasso e Stravinsky il mondo dell’arte si è detto: e ora che ci inventiamo? Quindi gli artisti sono diventati ossessionati dai temi principali: il sesso e la morte. Le pratiche di autofustigazione, il procurarsi ferite, il digiuno estremo. Sono tentativi isterici di uscire dal passato. Lo stesso manierismo è stato un tentativo cattolico disperato di riconquistare i protestanti, che andavano formandosi con Lutero. Quindi i pittori dipingevano di sangue e torture, e sono convinto che troverete gli stessi temi negli ultimi dieci film che avete visto. A questo porta l’assenza di certezza culturale. Mi chiedo cosa avrebbe fatto Michelangelo con un portatile tra le mani.

Davvero non pensa ci sia altro, oltre a Eros e Thanatos?

Beh, sono alla base della formazione di ogni cultura e religione. Nessuno è presente al proprio concepimento né ci sarà dopo la propria morte. Il mistero rafforza i temi. Un altro tema potente può essere quello del denaro, ma non circola poi da tanto tempo. In più è poco interessante perché è pieno di gente stupida che ha un sacco di soldi. Poi c’è il tema del potere, che piaceva a Shakespeare: ma in fondo, cos’è il potere se non un tentativo di ritardare la morte e pagarsi il sesso? Io non la conosco. Solo due cose posso dire di lei: che due persone hanno fatto sesso perché lei fosse al mondo. E che purtroppo per lei, un giorno, morirà. Sicuramente oggi possiamo manipolare maggiormente la durata della vita rispetto a un tempo e godiamo di una scelta sessuale migliore. Ma sono temi così affascinanti che ne potremmo parlare per ore e farci film all’infinito. Com’è che si dice, ‘fare sesso’, in maniera volgare, in italiano?

Scopare.

Ecco, volevo dire che due persone hanno scopato. Non bisogna avere paura delle parole. Casomai dei significati che ci sono dietro.

Nel cast, accanto a F. Murray Abraham, si sono diversi attori italiani: Giulio Berruti, Pippo Delbono, Francesco De Vito, Stefano Scherini. Qual è il suo rapporto con questo paese? 

 Il mio ottimo. Ho la stessa età che avrebbe avuto Antonioni e il suo cinema mi piaceva da morire. Siete voi che state facendo morire il cinema italiano, e vi dovreste un po’ vergognare. Ho fatto tanti casting qui da voi perché la mia direttrice era italiana e mi capitava spesso gente a cui dicevo: ‘mi fai la camminata alla Mastroianni?’. E loro: ‘Chi?’. ‘Dai, l’attore di culto di Fellini?’. ‘L’attore di chi?’. E’ un peccato. Io ho grandi memorie del cinema post-neorealista, diciamo quello che parte nel ’61 con La Dolce Vita e termina nell’87 con L’Ultimo Imperatore. Quello che piace degli attori italiani è che si mettono a completa disposizione, non hanno problemi nemmeno con la nudità. Anche se poi è molto relativo. Magari quello che i sembra timido poi si spoglia senza problemi e quelli più liberi di pensiero e a proprio agio con il corpo hanno poi difficoltà dovute alla pudicizia.

Ci sono ancora tanti tabù?  

Beh, i tre che non abbiamo superato sono l’omosessualità, l’aborto e l’eutanasia. Voi in Italia vi cacate ancora addosso quando se ne parla, io vengo dalla città più civilizzata del mondo, che è Amsterdam, e lì sono molto più rilassati già dal dopoguerra.  Nel resto del mondo iniziamo a parlarne solo oggi.

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11 Novembre 2014

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